L’acronimo Tari, coniato per la quota
rifiuti della Tarse, come sostantivo è antichissima moneta mediterranea coniata
nel Regno di Napoli sino al 1859, mentre Tasi, componente della Tarse per gli
immobili, in lingua veneta è seconda persona singolare del verbo tacere
declinato all’imperativo.
Combinando assieme
Tari, denaro, e Tasi, si ottiene, parlando di tasse, il classico
“paga e tasi” e questa è una delle certezze della legge di stabilità del
prossimo anno, in cui i pensionati, a seguito del già avvenuto aumento
Iva, nonché degli incrementi già previsti dalle precedenti leggi di
stabilità oltre dalle novità dell’attuale, dovranno almeno sborsare una
settantina di € in più rispetto al 2013: parliamo di cittadini che nel
biennio 2012/2013 hanno lasciato nelle casse pubbliche, per il solo drenaggio
fiscale, qualcosa come 3,6 miliardi di €. La stangata continua:
sarà anche vero che per la prima volta dopo anni non vengono aumentate le
tasse, ma sono in pericolo le detrazioni Irpef e da gennaio si rischia di
veder diminuire di un punto percentuale la quota di spese deducibili, che
potranno passare dal 19 al 18 per cento per la prossima dichiarazione dei
redditi e dal 18 al 17 per cento nel 2015. Nel frattempo, continua il
blocco degli stipendi nella Pubblica amministrazione.
Tutte le forze sociali concordano su un
dato: non è con queste misure e miserie che si rilanciano i consumi e si
rimette in moto la domanda interna, che langue. La legge di stabilità,
purtroppo, sancisce ancora una volta vecchi mali, vecchi vizi: non si fa nulla
per incidere negli sprechi.
Al momento a brindare per questa legge
sono i banchieri, che otterranno nel prossimo biennio uno sconto di
almeno un miliardo di € sotto forma di anticipazione delle detrazioni
fiscali su Ires e Irap: secondo la Banca Imi l’impatto sull’utile 2015 delle
principali banche italiane non sarà inferiore all’11 per cento. Un altro
bel regalo a fronte del quale le banche italiane non sembrano disposte ad
allentare i cordoni di quella stretta creditizia che stritola famiglie e
imprese. Contraddizioni della legge di stabilità: pochi Euro in tasca ai
lavoratori, nulla ai pensionati, probabili sacrifici ulteriori per
buona parte della platea dei contribuenti, ma c’è pur sempre chi guadagna.
Mentre il governo varava la Finanziaria
il dottor Giovanni Tomasello, Segretario generale dell’Assemblea Regionale
siciliana, è andato in pensione a 57 anni con una buonuscita pari a
circa un milione e mezzo di € e una pensione minima stimata dalla stampa
palermitana attorno ai 12 mila €uro mensili: non c’è simbolo migliore di
quell’Italia di privilegi e privilegiati che non molla l’osso, non cambia e non
intende cambiare, mentre il resto del paese è chiamato a incredibili sacrifici.
Purtroppo il peggio, di questo
passo, deve ancora arrivare per tutti come ben si legge appunto nella
legge di stabilità visto che tra le sue righe è celato un aumento di tasse da
20 miliardi di euro in tre anni, a partire dal 2015, compreso il taglio lineare
di tutte le agevolazioni fiscali. Ma questo è il futuro su cui
incombe l’incubo del Fiscal compact. Il presente ci propone un Letta che
ripete il motto colbertiano per cui l’"art de l'imposition consiste
à plumer l'oie pour obtenir le plus possible de plumes avec le moins possible
de cris", che tradotto, in estrema sintesi, ci rimanda la
nostro Paga e Tasi ( le oche, in questione, non sono, ovviamente, né quella
della sagra di Mirano della prossima settimana né quelle starnazzanti del
Campidoglio romano: queste ultime devono fare i conti con almeno 867 milioni di
deficit, ma sono sicure di salvare le penne. O no?).
di Roberto Ciambetti
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