martedì 28 giugno 2016

Please, leave us alone

Leggo le dichiarazioni di leader del centro-sinistra italiani sulla necessità di cambiare le politiche europee e mettere in primo piano sicurezza, lotta alla disoccupazione, rilancio dell’economia, allentamento del Fiscal compact. A parte il fatto che questo è il programma della Lega, mi chiedo se chi ha trascinato nel baratro l’Unione Europea e le nostre economie siano le persone adatte a rilanciare il percorso comunitario e di ripresa economica.
Insomma, sono credibili in questa veste di Rifondatori i vari Monti, Napolitano e i loro prestanome, emissari di quei poteri forti che hanno voluto inondare l’Europa di manodopera e manovalanza a bassissimo costo del lavoro, saccheggiare i risparmi delle famiglie, azzerare lo stato sociale e i suoi servizi, dall’assistenza alle pensioni, possono gestire il rilancio di una Europa solidale, che ponga le sue basi sul lavoro, il rispetto dei lavoratori, la tutela del risparmio,  il sostegno ai produttori e lo stato sociale con servizi diffusi alle famiglie?  Io non penso che gli strateghi della disfatta siano le menti adatte a ricostruire l’Europa. La classe dirigente che ci ha guidato fino ad oggi – e non parlo solo della classe politica – è giunta al capolinea e il messaggio che è giunto dagli elettori britannici è chiaro: leave us alone, espressione che in prima battuta significa lasciateci in pace, lasciateci stare. L’invito è chiaramente rivolto ad una classe dirigente imbelle, presuntuosa, che si ritiene intoccabile quanto infallibile. Cameron ne è un esempio: oxfordiano altezzoso, sostenuto da quei poteri forti che da anni mirano a minare i processi democratici delegittimando la politica per lasciare le scelte strategiche nelle mani di tecnocrati e burocrati pasticcioni, è giunto al capolinea. Ha sbattuto la faccia contro la realtà.
Ma Cameron non è l’unico in Europa. Anche in Italia non mancano esempi eclatanti di autostima esagerata, faciloneria e totale asservimento a tecnocrati e burocrati che negli ultimi anni  non solo ci hanno inondato di immigrati, aprendo praterie alla delinquenza libera di scorrazzare e fare affari nelle nostre città, ma hanno anche distrutto il patto tra generazioni, minato le pensioni, abbattuto i servizi sociali, sottratto risorse agli enti locali e al decentramento lasciato solo a fronteggiare emergenze su emergenze. Come in Gran Bretagna, anche da noi, si pone il problema del ricambio della classe dirigente e con essa la costruzione di un nuovo progetto comune che sia basato sull’esaltazione della democrazia, la vera partecipazione popolare, lo stato sociale. Torniamo alla sfida che Dahrendorf  spiegava già nel lontano 1995:   “Il compito che incombe sul primo mondo nel decennio prossimo venturo è quello di far quadrare il cerchio fra creazione di ricchezza, coesione sociale e libertà politica. La quadratura del cerchio è impossibile; ma ci si può forse avvicinare, e un progetto realistico di promozione del benessere sociale probabilmente non può avere obiettivi più ambiziosi”.  La sfida, a vent’anni da quel testo, è la stessa: da qui bisogna ripartire per ricostruire l’Europa, pensando globalmente ma agendo localmente.  E per quanto riguarda i vari mr. Monti, Napolitano o i loro prestanome, come si dice in Inglese (paradossalmente la lingua condivisa in Europa per quanto extracomunitaria) please, leave us alone. 
Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto

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