lunedì 31 marzo 2014

Lega Nord, Salvini lancia i referendum per abrogare legge Merlin e riforma Fornero

Obiettivo tre milioni di firme "entro giugno" a sostegno di cinque referendum che, per la Lega Nord, rappresentano un "vero programma di governo" alternativo a quello di Matteo Renzi. La raccolta firme partirà venerdì pomeriggio con un evento in centro a Milano, cui seguirà l'organizzazione di circa mille gazebo tra sabato e domenica in tutto il Nord (i cittadini che lo vorranno, poi, potranno firmare nei municipi a partire da lunedì. Per informazioni più precise basta un clic su vieniafirmare.org). I referendum prevedono l'abolizione della legge Merlin, della riforma Fornero sulle pensioni, della legge Mancino sui reati di opinione e delle norme che consentono agli immigrati di partecipare ai concorsi pubblici. "Dobbiamo avere tre milioni di firme da portare a Roma oppure abbiamo fallito", ha affermato il segretario Matteo Salvini. "E' uno strumento di lotta che mettiamo a disposizione di tutti gli italiani, soprattutto ai non leghisti - ha continuato - non è una battaglia leghista ma di libertà".
Il sondaggio Swg - L'obiettivo del referendum abrogativo totale sulla legge Merlin, ha continuato il segretario federale della Lega Nord, è "riaprire le case chiuse e togliere dal racket e dalle strade". "In Parlamento c'è una proposta del Pd che non condividiamo che prevede che la prostituzione possa essere esercitata nei condomini e nei singoli appartamenti", ha chiarito Salvini, "noi vogliamo che si ritorni al sistema moderno, pulito e trasparente delle case chiuse", ha concluso. Nella conferenza stampa, il leader del Carroccio ha illustrato l'esito di un sondaggio commissionato a Swg in cui l'abolizione della Merlin incontra il favore del 71% degli intervistati (60% per la cancellazione della Fornero, 44% contro le Prefetture, 42% contro la partecipazione degli immigrati ai concorsi pubblici, solo 34% a favore della cancellazione della legge Mancino). Non sono mancati affondi contro Renzi: "Gli lanciamo una sfida per vedere se passa dalle parole ai fatti, questi cinque quesiti sono un programma alternativo di governo che proponiamo a tutti gli italiani. Tassando la prostituzione, per esempio, si potrebbero ricavare 3-4 miliardi di euro che consentirebbero di diminuire l’Iva. Il premier invece sta fingendo di tagliare le Province ma la sua riforma costerà di più ai cittadini".
da Libero Quotidiano

domenica 30 marzo 2014

Campagna referendaria lanciata dalla Lega, Ciambetti: una firma per abolire ingiustizie


“Le vere riforme si fanno affrontando problemi veri, che si tratti di riflettere sulla prostituzione o sulle pensioni imposte dalla Fornero che ha legato il suo nome ad una ingiustizia sociale”. L’assessore regionale Roberto Ciambetti condivide pienamente e sostiene l’iniziativa lanciata dal segretario federale della Lega Nord che “riporta tra la gente – ha detto Ciambetti – il dibattito politico vero, su problemi veri, coinvolgendo tutti su scelte che riguardano tutti noi.
Il governo sventola risparmi tutti da dimostrare, anzi contestati da molti esperti, per l’abolizione delle Province ma non muove un dito per eliminare quello spreco che sono le prefetture . Bene, se non lo fa il governo chiediamo ai cittadini di firmare la proposta di referendum per l’abolizione delle Prefetture e dare un bel taglio a centinaia di milioni di spesa vera e certificata: chiediamoci quante prefetture ci sono in Germania. Neanche una: non è un caso se la ger”. Ciambetti poi insiste: ”Chiediamo una firma per abrogare la riforma Fornero-basta-la-parola, forse una delle nefandezze più grandi commesse ai danni dei lavoratori che ha seminato difficoltà gravi, preoccupazioni in troppe famiglie, aumentando la disoccupazione senza affrontare i veri mali del sistema. E a proposito di disoccupazione chiediamo ai cittadini di decidere loro se è giusta o no la norma che apre agli immigrati la partecipazione ai concorsi pubblici, mentre noi ci ritroviamo ad avere un tasso di disoccupazione giovanile nostrana che supera il 42 per cento. Chiediamo ai cittadini di dire la loro sui reati di opinione, la cosiddetta legge Mancino e come già detto sulle norme della legge Merlin”. L’assessore regionale veneto poi conclude: “La campagna referendaria lanciata dalla Lega è patrimonio di tutti”.
Roberto Ciambetti, assessore Regione Veneto

sabato 29 marzo 2014

Cancelliamoli: cinque referendum, cinque battaglie dalla parte della gente


Cinque referendum, cinque battaglie dalla parte della gente. Nel mirino, leggi sbagliate e istituzioni superate. Prende il via oggi la campagna della Lega per raccogliere le firme necessarie a far votare i cittadini per spazzare via le Prefetture, la legge Merlin sulla prostituzione, la legge Fornero sulle pensioni, la legge Mancino sui reati d’opinione e la norma che ha aperto i concorsi pubblici agli immigrati extracomunitari.L’obiettivo è ambizioso: per chiamare il popolo alle urne su questi argomenti, occorre raccogliere per ciascun quesito referendario le firme di 500 mila elettori entro tre mesi. Per sottoscrivere le proposte occorre aver compiuto 18 anni e mostrare un documento di identità. I referendum si potranno sottoscrivere negli uffici del Comune di residenza e presso gazebo e banchetti del Carroccio in centinaia di piazze di tutto il Nord. La Lega si è mobilitata in misura massiccia: ora tocca ai cittadini scegliere di cambiare.

giovedì 27 marzo 2014

I costi dell'immigrazione clandestina: quello che il governo non dice


Anche per il Financial Times l’Ue non deve ignorare il Veneto

Mentre in Italia si continua ad ignorare o a ridicolizzare la consultazione sull’indipendenza del Veneto, la stampa estera, che ne ha parlato più approfonditamente, continua ad interrogarsi sulle ragioni dell’indipendentismo. Dopo diversi articoli e servizi di BBC, Daily Mail, Telegraph, Russia today e Independent se ne è occupato anche il Financial Times. Il quotidiano londinese, in un commento di Brian Groom, si chiede infatti “Chi ha diritto all’autodeterminazione?”. «In una votazione online organizzata da attivisti locali – scrive l’editorialista del Ft – l’89 per cento dei residenti ha votato per una Repubblica Veneta indipendente». Il problema è essenzialmente di tipo economico, il Veneto è sempre stata una zona ricca ma con l’aggravarsi della crisi economica i cittadini non sopportano l’alto carico fiscale che viene usato «per sussidiare quelle che secondo loro sono le inefficienze del sud Italia».
Groom nota come le spinte autonomiste e indipendentiste non siano singole questioni locali, ma, ognuna con le sue caratteristiche, rappresentano un fenomeno che riguarda tutta l’Europa: dal plebiscito in Crimea condannato dalla comunità internazionale al referendum ufficiale del prossimo autunno in Scozia, dalla consultazione informale veneta al referendum per l’indipendenza della Catalogna voluto da Barcellona e negato da Madrid. In Scozia addirittura è stata depositata una petizione per chiamare gli abitanti delle isole Shetland e delle isole Orcadi a votare, una settimana dopo il referendum scozzese, per decidere se rimanere nel Regno Unito, restare con la Scozia indipendente oppure governarsi da soli. Come sottolinea l’editorialista del Financial Times il principio di autodeterminazione «è alla base del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite» ma è pienamente aperta la questione su «chi può esercitare questo diritto e cosa costituisca una nazione». La questione riguarda forse più di tutti l’Unione Europea che da sempre riconosce il diritto all’autodeterminazione per le regioni che non fanno parte dell’organizzazione (come è avvenuto nei casi del Kosovo e di Timor est) e che cerca di accogliere nell’Unione stati che si sono divisi pacificamente (Slovacchia e Repubblica Ceca) o anche violentemente (Slovenia, Croazia e prossimamente Serbia). Di contro l’Ue ha difficoltà a riconoscere gli stessi diritti e la stessa dignità alle richieste indipendentiste presenti nei propri confini ed osteggiate dagli stati membri. Tra l’altro, come dimostrano gli stessi risultati della consultazione veneta (pur con tutti i dubbi sui numeri e sulla procedura di voto), i movimenti autonomisti e indipendentisti di Veneto, Catalogna e Scozia non sono affatto anti-europeisti: puntano a ridisegnare le cartine geografiche degli stati nazionali, ma tutti manifestano la volontà di rimanere nell’Unione Europea e di non rinchiudersi in piccole patrie isolate.

Nonostante tutti gli stati dichiarino nelle proprie costituzioni di essere eterni ed indivisibili non c’è una cartina politica europea che sia identica a quella di 10 o 20 anni prima, la storia dimostra che le secessioni avvengono e i confini mutano continuamente. La questione non è quindi se le secessioni siano legittime, ma qual è lo strumento che permette nel modo più economico e pacifico ai popoli e alle comunità di esprimersi sulla propria indipendenza. Se l’Europa punta ad essere uno spazio comune di libertà politica ed economica e non solo un meta-governo degli stati membri, dovrà in qualche modo chiarire chi e come può esercitare il diritto all’autodeterminazione. Stavolta non deve guardare fuori ma all’interno dei propri confini.
di Luciano Capone

mercoledì 26 marzo 2014

La Kyenge in auto blu fa infuriare Bologna

“La Kyenge si presenta a Palazzo d’Accursio con auto di rappresentanza e scorta, parcheggiando dentro il cortile d’onore. Nemmeno il Presidente Napolitano ha osato tanto! E mi domando: A che titolo ?!?”. La "denuncia", riportata da Il Giornale, arriva dal capogruppo di Forza Italia nel consiglio comunale di Bologna, Michele Facci, testimone dell'arrivo sgommante dell'ex ministro a bordo di una fiammante "auto blu di rappresentanza e scorta".

Nel giorno della messa all'asta delle 170 auto blu da parte del governo Renzi, la Kyenge non perde il vizio della comodità e del confort. La deputata non è nuova a questa cose. Infatti, lo scorso 18 febbraio era stata paparazzata a fare shopping per le vie del centro di Roma a bordo di una berlina e con quattro guardie del corpo. Oggi però si è superata: l'auto blu con a bordo la Kyenge ha sfrecciato per le strade di Bologna, attraversato l'isola pedonale del centro e si è fermata nel cortile d’onore a Palazzo D'Accursio del Comune, normalmente interdetto alle auto. Poi, dopo le rimostranze di alcuni esponenti del centrodestra la vettura è stata spostata. Dove? In piazza Maggiore, proprio dinanzi alla basilica di San Petronio, e qui parcheggiata, tra l'incredulità dei turisti e della gente.
da Libero Quotidiano

In Veneto l'assistenza sanitaria degli immigrati irregolari ammonta a 8 milioni l'anno

Il capogruppo leghista in Regione, Caner, denuncia: «In teoria dovrebbe essere lo Stato a rimborsare queste spese, ma così non avviene».
«Quando si parla di gestione dell’emergenza clandestini, si dovrebbe farlo fornendo dati, non sollecitando il pietismo della gente. Quanto ci costa, ad esempio, l’assistenza sanitaria di chi arriva in Veneto senza documenti? Ecco, a parer mio è giusto aiutare i veri profughi che fuggono da situazioni di guerra, ma non i clandestini che alimentano il racket degli sbarchi e di cui non è giusto che l’Italia e il Veneto si prendano carico, nel menefreghismo dell’Europa». Il capogruppo leghista Federico Caner fornisce i dati regionali sulla spesa per gli irregolari, proprio nei giorni in cui si acuiscono le polemiche per l’arrivo di centinaia di clandestini nelle nostre città.
«Nel 2012 l’assistenza agli irregolari ci è costata oltre 8 milioni di euro, destinati alla prevenzione e all’assistenza. Ribadisco: i profughi che scappano dalla guerra debbono essere un problema europeo. Mentre i clandestini, entrati tramite il racket degli scafisti, costano al Paese 30 euro al giorno e al Veneto milioni di euro l’anno in cure. In teoria dovrebbe essere lo Stato a rimborsare queste spese, ma così non è. Allora mi chiedo: quanto è giusto che siano i nostri cittadini a farsi carico di una emergenza del genere? Perché la Regione deve pagare per l’accoglienza di irregolari quando Roma taglia le risorse e si faticano a chiudere i bilanci? A questo punto io comprendo la chiusura da parte di alcuni nostri amministratori locali, che pensano prima ai loro cittadini e dopo ad emergenze di cui non spetta a noi farci carico».

Marano Vicentino. 'Padre', 'madre' o soltanto 'genitore'? E' già polemica sui moduli scolastici

Arriva fino a Marano Vicentino l’onda lunga delle polemiche sui moduli scolastici, sull’iniziativa già adottata da diversi Comuni italiani, da Milano a Venezia, a Firenze, di togliere le diciture “padre” e “madre” per sostituirle con le più generiche “genitore 1” e “genitore 2”.
Sembra un dettaglio, ma non lo è. Chi si schiera a favore della novità sostiene si tratti di un efficace strumento per combattere l’omofobia, un adeguarsi ai tempi, evitare traumi da emarginazione per quei bambini che si trovano, o potrebbero trovarsi, con due mamme o due papà come genitori. I contrari sono tutti coloro che si dichiarano apertamente contrari contro la possibilità di adozione da parte delle coppie gay.
Per capire la portata dello scontro, basti dare un’occhiata a quanto accaduto il mese scorso a Venezia, al vespaio di polemiche sollevato dal consigliere del Comune Camilla Seibezzi, con delega ai Diritti Civili e alle Politiche contro le discriminazioni, che ha acquistato 46 fiabe per bambini a sfondo gay da distribuire negli asili nido (costo dell’operazione 10mila euro): l’Udc ha chiesto subito una verifica di maggioranza, il sindaco Orsoni ha di fatto sconfessato la Seibezzi (“La sua delega è contro le discriminazioni, non può fare propaganda”), quest’ultima ha a sua volta contrattaccato (“Sono interventi previsti dalle direttive europee contro l’omofobia, questa non è propaganda. Se al sindaco non sta bene, che mi tolga la delega”).
Insomma, un putiferio.
E si schiera senza alcun dubbio tra i contrari Erik Umberto Pretto, capogruppo consiliare di “Noi di Marano”. Che senza pensarci due volte ha preso carta e penna e scritto un ordine del giorno che presenterà al prossimo Consiglio Comunale di Marano.
“Appare chiaro - scrive Pretto nel suo ordine del giorno - come iniziative come quella del Comune di Venezia non abbiano alcuna finalità di determinare una maggiore integrazione e anzi, la medesima iniziativa mette in discussione l’istituzione fondamentale su cui si basa la nostra società, ossia la famiglia formata da un padre e una madre”. E dopo aver ribadito che “l’articolo 29 della Costituzione stabilisce che ‘La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio’, e che i termini ‘madre’ e ‘padre’ rappresentano parole cardine della nostra cultura e della religione cristiana, e che tali termini oggi più che mai rappresentano una speranza e un punto di riferimento per le generazioni future”, il consigliere Pretto chiede alla Giunta e al Consiglio Comunale di Marano un atto concreto. Vale a dire, “esprimere la propria contrarietà all’iniziativa del Comune di Venezia, impegnando in tal senso l’Amministrazione Comunale di Marano Vicentino a mantenere le diciture ‘madre’ e ‘padre’ nei registri scolastici, nei moduli di iscrizione agli asili, alle scuole elementari e medie, e comunque in tutti i moduli che riguardano gli istituti scolastici e i luoghi di cultura o sport sul territorio del Comune di Marano Vicentino”.
Dalla polemica si smarca il sindaco di Marano Vicentino, Piera Moro. “Il consigliere Pretto usa sempre lo stesso metodo: anticipa ai media i temi che dovranno essere trattati e approfonditi in sede di conferenza dei capigruppo e di Consiglio Comunale. E’ lì che deve arrivare la risposta a questa e ad altre argomentazioni. Non perché io non voglia rispondere, ho un’opinione ben precisa sull’argomento. Ma qui non si tratta di sapere cosa ne penso io. Si tratta del voto di un Consiglio Comunale. Tutti noi, maggioranza e opposizione, siamo stati eletti per votare su una serie di argomenti - conclude il sindaco Moro -. Ma lì, in quella sede. Non prima. Queste sono le regole della democrazia, e io intendo rispettarle”.
Ne sapremo di più verso fine aprile, quando il Consiglio Comunale di Marano verrà convocato, e che sarà chiamato in quell’occasione a votare anche il bilancio. 
di Redazione Thiene on line

martedì 25 marzo 2014

Schio (VI), la farsa dei profughi. Dieci già scappati dalla comunità

Hanno dormito lì una notte poi se ne sono andati. «Se li avessero visti non avrebbero potuto fermarli. È una casa di accoglienza non di detenzione».
SCHIO. L'accoglienza dei profughi eritrei nel Vicentino si trasforma in farsa. Dopo il dietrofront ordinato dal sindaco di Tezze sul Brenta, Valerio Lago, che non ha voluto i migranti nel suo Comune e le proterste di vari amministratori tra cui Achille Variati per la mancanza di preavviso, a Schio sono gli stessi africani a tagliare la corda dopo essersi rifocillati un giorno e una notte in un centro d'accoglienza. Erano in 10 quelli accolti sabato dalla comunità “Casa Provvidenza” del Centro vicentino di solidarietà “Ceis” e fra di loro si sospetta che ci fosse anche qualche minore. Gli operatori, ieri mattina, non li hanno più trovati nelle loro stanze: erano spariti senza lasciare traccia. 
«Anche se li avessero visti, non avrebbero potuto potuto trattenerli - spiega Valeria Carli del Ceis -. Quello non è un luogo di detenzione, ma una comunità d'accoglienza». (...)
Elia Cucovaz  (GdV)

lunedì 24 marzo 2014

Sull'immigrazione il governo fa finta di niente ma con Mare Nostrum è in atto un'invasione

Molteni: «Numeri record e martedì daranno il colpo di grazia al reato di clandeastinità».
«Continuiamo ad andare in Europa a prendere ordini, a chiedere un po’ di elemosina, ma sull’immigrazione, sul supporto che Bruxelles dovrebbe darci per fronteggiare questa emergenza, nessuno chiede niente. Del resto, non c’è da stupirsi, il tema immigrazione è completamente scomparso dal dibattito politico: per il governo è come se il problema neanche esistesse». Il deputato Nicola Molteni non nasconde la sua rabbia e la sua preoccupazione per come il governo si sta muovendo sulla difesa delle frontiere.
«I numeri parlano da soli - dice Molteni - 45mila sbarchi nel 2013, diecimila sbarchi nel solo 2014, tredicimila da quando è iniziata l’operazione Mare Nostrum, il 18 ottobre scorso. Numeri che indicano chiaramente che siamo di fronte ad una vera e propria invasione. In aumento esponenziale da quando il governo Letta ha dato il via all’operazione Mare Nostrum, che in realtà bisognerebbe ribattezzare operazione “Traghetto sicuro per l’Italia”. Perché la realtà è proprio questa: che la Marina militare viene utilizzata per andare a prendere i clandestini quasi sulle coste africane».
Molteni ha presentato un’interrogazione per capire quanto l’operazione stia costando alle casse dello Stato. «Non ci sono cifre ufficiali: Alfano parla in via non ufficiale di 300mila euro al giorno, secondo noi sono molti di più, anche perché bisogna ricordare che chi sbarca qui ha garantito trenta euro al giorno e 15 euro di ricariche telefoniche, più naturalmente vitto e alloggio, in alcuni casi anche di lusso, come nel caso dei profughi mandati negli alberghi a quattro stelle. Ma anche considerando 300mila euro al giorno, significa che l’operazione Mare Nostrum finora è costata ai cittadini circa 50 milioni di euro. Una cifra enorme. Che è bene ricordare che, in base a quanto stabilito da governo, in buona parte viene sottratta al Fondo di solidarietà per le vittime delle mafie e dell’usura. Per gli immigrati, insomma, i soldi si trovano sempre, mentre non si riesce mai a trovarne per i nostri anziani, per i giovani senza lavoro, per gli esodati. Tutte categorie, queste, condannate a venire sempre dopo gli stranieri».
Il prossimo appuntamento per la Lega è martedì alla Camera dove arriverà il combinato disposto sullo svuotacarceri che porterà a Montecitorio il pacchetto di depenalizzazioni votato in Senato, tra le quali c’è anche il reato di immigrazione clandestina. Il Carroccio ha già annunciato battaglia e presentato 250 emendamenti, uno dei quali proprio per mantenere il reato che è il pilastro della legge Bossi-Fini. «Ci proveremo in tutti i modi - dice Molteni - anche se l’orientamento della maggioranza, che non ha presentato alcun emendamento, è chiaro. Questo è l’unico Paese dove si fanno quattro svuotacarceri in pochi anni e insieme di decide di abolire il reato di clandestinità. Tutto questo mentre i dati dicono che c’è un furto ogni minuto e che furti, rapine e estorsioni sono aumentati del trenta percento. E mentre il governo sta varando un piano di tagli alla sicurezza mai visto, con la cancellazione di 267 presidi sul territorio e una diminuzione di almeno 40mila uomini in due anni. Un vero suicidio».

In Olanda vince Wilders E tira la volata a Marine Le Pen

Alleati della Lega in gran forma: il leader del Partito della Libertà sbanca alle amministrative. 
«Volete più o meno marocchini in Olanda e in questa città?». In questa frase, pronunciata poche ore fa da un trionfante Geert Wilders davanti ai suoi elettori, c’è tutto: le ragioni profonde dell’ascesa del Partito della Libertà e il pretesto per tentare di affondarlo con le solite accuse di razzismo. Wilders, alleato della Lega e di Marine Le Pen, è in testa a tuti i sondaggi per le europee e le elezioni comunali appena svoltesi hanno confermato che il suo partito vola: mentre i partiti di governo crollano lui è primo ad Almere e secondo per un soffio nella capitale Den Haag (L’Aja), i comuni dove si è presentato. Un olandese su cinque dice che lo voterà (quindi sarà di più) e Bruxelles trema, lo accusa di islamofobia e tenta di spaccargli il partito.
Max Ferrari

A Tezze (VI) il sindaco Lago respinge 8 profughi eritrei: «Sono arrivati a mia insaputa»

Agli immigrati è stata servita una pastasciutta poi sono stati portati a Pove. «Non ho risorse neppure per i miei compaesani».
TEZZE. «Non accetterò profughi a Tezze». Lo aveva annunciato a chiare lettere a gennaio, e sabato sera ha mantenuto la promessa. Il sindaco Valerio Lago ha impedito a otto immigrati di origine eritrea, arrivati in Sicilia con una “carretta del mare” nei giorni scorsi, di alloggiare in un albergo di Belvedere di Tezze, sistemazione che la prefettura di Vicenza e la Confartigianato di Bassano erano riusciti a reperire in tutta fretta per garantire un tetto e un pasto caldo ai migranti. Una decisione che è destinata a sollevare un vespaio.
Gli otto facevano parte di un gruppo di quaranta africani che nel pomeriggio di sabato sono sbarcati all'aeroporto “Catullo” di Verona e sono poi stati smistati a Bolzano, Trento, Venezia e nel Vicentino. Dieci di loro sono stati accolti a Bassano, dall'associazione “Casa a colori” di Enrico Parolin, e otto giovani, sempre sabato intorno alle 17, a bordo di un pullman, sono giunti all'albergo “Nazionale” di Belvedere di Tezze, trovato grazie all'interessamento dei funzionari della sede di Tezze della Confartigianato di Bassano (...)
Davide Moro e Mario Baggio (GdV)


domenica 23 marzo 2014

Schio (VI). Salvini 'da il suo in bocca al lupo al candidato sindaco leghista Alessandro Gori

Tutti stretti attorno al candidato sindaco di Schio Alessandro Gori, che ha deciso di ‘correre da solo’, ma che accetta la sfida per arrivare primo. I leghisti dell'Alto Vicentino si sono dati appuntamento  al  ristorante Belvedere per la presentazione ufficiale di  Alessandro Gori, già consigliere minoranza e vicecapogruppo della Lega Nord al consiglio comunale. Il nome circolava già da un paio di mesi, ma il Carroccio dell'Alto Vicentino ha voluto fare le cose in grande stile, convocando per l'evento, il numero uno del partito Matteo Salvini.
Davanti  ad una nutrita presenza di amministratori locali, (dei sindaci era presente solo  Maurizio Colman) , degli assessori regionali Roberto Ciambetti e Marino Finozzi, dell'Europarlamentare Mara Bizzotto, del Segretario nazionale della Lega Nord Flavio Tosi e dell'attesissimo Segretario federale Matteo Salvini, il candidato Gori, nel giorno del suo compleanno, ha delineato brevemente il suo programma elettorale per rilanciare la politica amministrativa scledense, che presenta come punti cardine il lavoro e la sicurezza. "Dobbiamo dare importanza a quei cittadini che producono reddito e innovazione per Schio – ha detto - . Spesso dimentichiamo che sono loro il motore, che è solo grazie a loro che Schio può prosperare".
Lasciata ormai alle spalle la possibilità di una unica coalizione di centro destra, Gori ha ribadito che la Lega corre da sola, appoggiata solo da un paio di liste civiche, “Uniti per Schio” (Ups) e “Per Schio nel Veneto indipendente”. "So bene la difficoltà dell'impresa -  ha ammesso Gori -  e, superando per un momento il suo garbo e la sua consueta pacatezza ha  sfoderato tutta la sua determinazione: "Ci vuole tanto coraggio, ma partiamo per vincere. Io sono uno sciatore, uno sportivo, sono abituato a gareggiare. Quando parto, parto per arrivare primo, non per arrivare secondo."
A suonare quasi come un monito per Gori è quanto ha esposto il Segretario nazionale Flavio Tosi e che ha fatto da introduzione al discorso di Salvini. E’ stato deciso nel ribadire come la Lega non intende fare differenze tra città del Sud e città del Nord: "Noi siamo contro lo spreco. Siamo contro il "salva Roma" ma anche contro il "salva Venezia". È giusto che il debito di Venezia se lo paghi Venezia, e che non ricada anche questo sui cittadini di Schio. Votare per la Lega significa votare per il buon governo".
L'amore per il territorio, primo caposaldo leghista, è stato alla base anche dell'intervento del Segretario federale Salvini, che ha incoraggiato il candidato Gori a non arrendersi, a lottare "Come fa la Lega da sempre. Io, da buon milanese, per Milano darei tutto. Mollerei qualsiasi incarico per fare il sindaco, la cosa più bella e la più difficile di tutte le imprese".
In questa stessa ottica va sicuramente letto anche l'inevitabile accenno di Salvini all'evento che ha recentemente infiammato il cuore dei leghisti, e cioè il plebiscito on line per l'indipendenza del Veneto. Nonostante fosse in diretta concorrenza col le tematiche storiche  del Carroccio,  il Segretario ha ammesso davanti alla platea, come di consueto senza peli sulla lingua: "Non siamo gelosi delle buone idee. L'indipendenza del Veneto è l'inizio della fine di uno stato italiano ladro e corrotto. Ma adesso altre battaglie ci aspettano. Vi chiedo e mi chiedo se ho fatto tutto quello che posso fare per la mia terra. Il mio partito è funzionale alla mia terra. La Lega è in funzione del territorio. Qualche politico "caregaro" ha confuso il fine con il mezzo. Se tu farai il sindaco, caro Gori, sarà solo uno strumento per liberare la tua terra".
L'incontro ha anche fornito la possibilità ai presenti di fare il punto sui temi di attualità e di tracciare le linee guida per i prossimi impegni della Lega Nord da oggi al 25 maggio, data in cui coincideranno le elezioni europee con quelle comunali, che interessano, come si sa, molti comuni dell'Alto Vicentino, e per chiamare a raccolta i leghisti con il consueto appuntamento a Pontida, ufficializzato da Salvini stesso per il 4 maggio.
M.B. (ThieneOnLine)

Vicenza. Arrivano 40 nuovi profughi ed è scontro

I migranti, tutti eritrei, sono stati accolti in città, Bassano e Schio Striscioni e bandiere della Lega davanti alla prefettura: «Basta».
Quaranta profughi dall'Eritrea sono arrivati ieri pomeriggio a Vicenza, Bassano, Schio e in altri Comuni. Sono tutti uomini. Sono atterrati alle 14 all'aeroporto “Catullo” di Verona e poi sono stati smistati oltre che nel Vicentino, anche a Trento, Venezia, e Bolzano. Un secondo aereo era atteso attorno alle 20: da Verona i profughi sono stati indirizzati nelle province di Belluno, Treviso, Rovigo e Modena. Ieri poco prima di mezzogiorno si sono nuovamente alzate le bandiere della Lega Nord in contrà Gazzolle per dire “no” a quella che è stata definita l'ennesima imposizione arrivata da Roma.
ALLARME ROSSO. È scattato quando il ministero dell'Interno ha avvisato le prefetture, tra cui anche quella di Vicenza, che sarebbero arrivati una quarantina di migranti provenienti dall'Eritrea e in partenza da un centro di accoglienza di Siracusa. «Ci siamo mossi attraverso associazioni e cooperative - spiega il capo di Gabinetto dell'Ufficio del Governo, Domenico Lione - finora abbiamo individuato alcuni spazi a Bassano, in città e a Schio. (...)
Chiara Roverotto (GdV) 

Venetisti in festa: «2,3 milioni di voti per la secessione»

Gli organizzatori: «Hanno votato tre veneti su 4». I sì conteggiati all'89%, i no all'11%. Eletto anche il Consiglio dei Dieci per garantire l'indipendenza. 
TREVISO. La rinascita virtuale della Serenissima Repubblica Veneta va in scena in piazza dei Signori a Treviso, all'ora di cena, davanti a un migliaio di persone festanti.
Con il novello doge Gianluca Busato che orchestra l'independence-day venetista e Anna Durigon, la giovane di Zero Branco che un anno fa attuò lo sciopero della fame contro l'occupante italico, lesta a snocciolare l'esito della consultazione on line; anzi, del plebiscito, come viene definito in sfregio al precedente del 1866 che sancì l'annessione al Regno: «Hanno votato 2 milioni 360mila 235 veneti, pari al 73% degli aventi diritto. I sì sono stati 2 milioni 102mila 969, cioè l'89,1% e i no 257.276, il 10,9%. Il Veneto è liberooo...». Non capita spesso di assistere al sorgere di una nathion ma il sarcasmo serpeggiante cede il passo agli altri verdetti digitali: con il sì all'adesione all'Unione Europea (ma di stretta misura: 55,7 contro 44,3%) e il risicatissimo consenso all'euro (51,3%); più ampio il favore alla permanenza nella Nato, che sfiora il 65%. E così sia. (...)
Filippo Tosatto (GdV)

venerdì 21 marzo 2014

Giù le mani dal referendum sul Veneto libero

Lasciate che i veneti si stacchino e che campani e calabresi stiano ai piedi di Roma. Vedremo chi camperà di più.
Siamo alle solite. La Crimea ha deciso il proprio destino con un referendum: si distacca dall'Ucraina e si annette alla Russia per volontà popolare. 
Molti osservatori affermano che il plebiscito non è legittimo per vari motivi oscuri, e non si capisce perché la consultazione dovrebbe essere invalidata. Questo lo abbiamo già scritto. Se però ribadiamo il concetto, una ragione c'è: adesso anche la Catalogna andrà alle urne e così pure la Scozia; entrambe le regioni reclamano indipendenza. Che c'è di male? Nulla. Tanto è vero che nessuno protesta.
Nei Paesi evoluti è infatti riconosciuta ai cittadini la facoltà di contarsi allo scopo di stabilire dove andare e con chi. Ancora una volta debbo ricordare che l'autodeterminazione dei popoli non è un principio astratto, ma un dogma indiscutibile.
Le nazioni rischiano così di spezzettarsi? E chi se ne importa. Prima di tutto viene la libertà della gente di amministrare il proprio territorio come le garba.
Ecco perché trasecoliamo nell'apprendere che il referendum via Web (www.plebiscito.eu) in corso dal 16 al 21 marzo nel Veneto, finalizzato a uno strappo della regione dall'Italia, sia considerato un'attentato all'unità del Paese. Ma quale attentato?
I veneti desiderano ardentemente andarsene per conto proprio, ovvero essere padroni in casa loro, rigettando il patto nazionale (peraltro mai sottoscritto)? Liberi di verificare alle urne se si tratta di un sentimento maggioritario o minoritario. Nel primo caso bisognerà prenderne atto e agire di conseguenza; nel secondo, pace amen, la situazione rimarrà quella attuale: cioè il Veneto resterà integrato nella penisola con capitale Roma. Dov'è il problema? Perché scandalizzarsi se una quota di cittadini invoca l'uso di uno strumento - il plebiscito - altamente democratico per stabilire se mantenere lo statu quo oppure se mutare registro? Forse che il Veneto vale meno della Catalogna o della Scozia e non può aspirare, a differenza delle altre due regioni, a essere autonomo rispetto al potere centrale?
Non ha senso dividere i popoli tra figli e figliastri; ciascuno di essi deve godere della facoltà di fare ciò che vuole, a condizione che non infranga le regole democratiche, delle quali il plebiscito è la principale. Ognuno ovviamente ha le proprie opinioni e non stupisce che voglia imporle ad altri attraverso il metodo del confronto, ma se alla fine dei dibattiti non c'è intesa, si ricorre al referendum, il cui esito è legge. Non c'è molto d'aggiungere.
Un tempo certi contenziosi si dirimevano con le guerre, non esisteva alternativa. Oggi si vota e vince la maggioranza. Chi non accetta il verdetto elettorale si pone fuori dal contesto civile, automaticamente, e non può pretendere di essere apprezzato. Il referendum in Veneto non ha nulla di eversivo e va accolto come una manifestazione di correttezza istituzionale. D'altronde, quella dei veneti non è neppure una ribellione scomposta; è la speranza di un ritorno all'antico, alla Repubblica cosiddetta Serenissima, le cui prerogative sono giustamente rimpiante, visto che all'epoca del suo fulgore i «sudditi» si trovavano, con il Doge, meglio che con Matteo Renzi e affini, probabilmente.
Lasciate che i veneti si facciano la loro vita lontano da Roma, e che altri, per esempio campani e calabresi, si facciano la loro ai piedi della Città Eterna. Vedremo chi camperà di più e più comodamente.
di Vittorio Feltri (Giornale)

Indipendenza del Veneto: 2 milioni. Ha votato la metà degli elettori. E ora la Lega vuole il referendum

TREVISO. A fine mattinata, nell’ultimo giorno di votazione in rete, ma anche telefono e in alcuni gazebo, per il Referendum di indipendenza del Veneto, lanciato da Plebiscito.eu, secondo dati degli organizzatori, i votanti registrati sono 1.993.780, corrispondenti al 53,41% del corpo elettorale. 
Questa sera a Treviso, in piazza dei Signori a partire dalle 19 saranno resi noti i risultati e i promotori della consultazione venetista - che non ha alcun carattere o valore ufficiale - hanno annunciato che sarà insediata il Consiglio dei Dieci delegati per l’indipendenza del Veneto e, se vinceranno sarà proclamata l’indipendenza, stabilendo la roadmap con il concreto esercizio della stessa, fino alla stabilizzazione delle istituende strutture della Repubblica Veneta, libera, indipendente, federale e sovrana.
«Tutto il Veneto e anche gran parte d’Italia - rileva una nota di Plebiscito.eu - ci sta sostenendo. Anche dalle altre regioni sta emergendo la consapevolezza che la strada del diritto di autodeterminazione che in Veneto sta trionfando è l’unica soluzione per liberarsi dal peggiore mostro burocratico del mondo occidentale. La bestia sanguinolenta dello Stato italiano è odiata da tutti i suoi sudditi in ogni dove».
«Metteremo a disposizione la piattaforma di voto digitale e il know-how strategico acquisito - è detto ancora - anche a tutte le altre regioni che la vorranno utilizzare, per realizzare referendum di indipendenza delle proprie regioni, attraverso l’indizione da parte di comitati referendari apartitici e trasversali che dovessero nascere. La rivoluzione digitale è in atto e nessuno la può fermare, perchè la volontà del Popolo è legge».
LEGA E REFERENDUM. Priorità al progetto di legge che chiede di indire un referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto: è la richiesta che il capogruppo della Lega Nord Federico Caner porrà martedì 25 sul tavolo della Conferenza dei capigruppo consiliari, l’organo di programmazione dei lavori dell’assemblea legislativa veneta. Lo annuncia lo stesso Caner, in una nota in cui chiede un impegno formale affinchè sia approvato in Commissione e in aula il progetto di legge per l’indizione di una consultazione ufficiale su indipendenza e autonomia dei Veneti. 
«I numeri ci sono, è ora di portarlo in aula e di approvarlo - dichiara Caner -. Non vorrei che l’eccessiva riluttanza da parte di alcuni consiglieri di opposizione indicasse il desiderio antidemocratico di proibire ai veneti di esprimere in un referendum la propria volontà in maniera chiara e inequivocabile. »Il mio invito - conclude - è rivolto in particolare per il presidente della commissione Affari istituzionali Costantino Toniolo, perchè convochi al più presto una seduta dedicata esclusivamente al tema del referendum. Credo che i segnali dati dalla gente in questi ultimi giorni siano significativi a livello politico; a noi oggi tocca il compito di dare una risposta istituzionale che vada oltre il valore simbolico di un sondaggio«.
GdV 21.03.2014

L'Europa non perde il vizio: ridono pure di Renzi a Bruxelles

Missione in salita per il premier: a una domanda sulle sue riforme Barroso e Van Rompuy si scambiano un'occhiata ironica. Come quelle battutine tra Merkel e Sarkò contro il Cav.
«Grande simpatia per il personaggio, ma sulle cose europee non si scherza». Da queste parti, spiega un funzionario della Commissione Ue, una mezza frase può fare la differenza e uno sguardo rischia di assomigliare a una condanna. 
Quello che ieri si sono dati i presidenti di Commissione e Consiglio europeo Manuel Barroso e Herman Van Rompuy ha fatto ombra alla prima missione di Matteo Renzi nel cuore delle istituzioni europee. E ha dato il «la» a una giornata per nulla facile.
A una domanda del corrispondente di Radio Radicale Davide Carretta sulla ricetta anti euroscettici del premier italiano - tagli alle tasse e flessibilità sul deficit - i due massimi vertici dell'Ue si sono scambiati un'occhiata e hanno sorriso in un modo che a tutti ha ricordato un'altra scenetta molto simile. Ottobre 2011, stesso tema (il giudizio su una ricetta anti crisi), stesso teatro (la sala delle conferenze stampa nella capitale europea). Diversi i personaggi: il cancelliere tedesco Angela Merkel e l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Oggetto delle risatine, quella volta, Silvio Berlusconi. Il piano di riforme economiche da giudicare era quello di emergenza varato dal governo di centrodestra e i due azionisti di maggioranza della Ue lo bocciarono con un sorriso complice. La ricetta di Renzi, più che bocciata, è stata bloccata preventivamente, prima che potesse essere formulata. Nell'incontro più atteso della giornata, quello con Barroso, il premier non ha usato i toni di giovedì sul tetto del 3% da superare. Nemmeno come ipotesi. Ha dovuto spendere un'altra moneta: quella delle riforme radicali che questa volta arriveranno sul serio, dei tagli alla spesa pubblica e del rispetto del tetto del deficit oltre che degli impegni sul debito pubblico. In cambio – riferivano fonti del governo ha chiesto che l'Europa «risolva i problemi».
Il segno del clima l'ha dato la rinuncia alla conferenza stampa di rito. Scelta dovuta ai tempi stretti, secondo l'interpretazione ufficiale. Un modo per non fare emergere le differenze tra il rappresentante delle istituzioni europee e premier italiano, che sono più di stile che di sostanza, ma ci sono tutte, secondo i boatos di Bruxelles. A soccorso del premier solo il presidente socialista dell'Europarlamento Martin Schulz: «L'Italia ha bisogno di un'Ue solidale, che vuol dire sostenere il Paese a uscire dalla crisi e io lotto con Renzi per questo». Per cercare di arginare le interpretazioni malevole e gli effetti del video con i sorrisi di Barroso e Van Rompuy – subito diventato virale – il presidente dell'esecutivo Ue ha twittato il suo giudizio «molto positivo» sull'incontro: «L'Europa sosterrà le riforme in Italia». Lo stesso Renzi si è concesso un paio di passaggi per sdrammatizzare: «Non abbiamo parlato dello zerovirgola. Chi vuole conoscere i numeri dovrà aspettare il Def tra qualche giorno» e comunque «le coperture sono fuori discussione, fuori dubbio. L'idea che il presidente della Commissione parli con il premier di un Paese dello 0,2% quando l'Italia è uno dei paesi che rispetta il 3% e non si parli invece delle riforme è singolare». Riferimento non casuale. L'obiettivo massimo che si è dato Renzi non è quello di superare il 3%. Ma lo stop di Van Rompuy e Barroso riguarda proprio questo. Impossibile farlo senza passare per le istituzioni europee, vietato utilizzare questi margini per tagliare le tasse. Per questo, negli ultimi giorni, il governo stava riposizionandosi su un obiettivo meno ambizioso: recuperare solo uno 0,2%, portando il deficit al 2,8%. Così si libererebbero delle risorse, 3 miliardi rispetto ai 6 preventivati, che potrebbero andare al taglio Irpef da 80 euro al mese per i redditi sotto i 25mila euro. Copertura da sogno, che rischia di svanire quando le previsioni del Pil troppo ottimistiche, costringeranno a correggere il deficit, come minimo, al 2,8%. A quel punto l'unica richiesta possibile da fare a Bruxelles sarà quella di non fare una manovra correttiva.
di Antonio Signorini (Giornale)

Flavio Tosi, referendum Veneto: "Qualcuno deve darci una risposta"

Ospite de La Telefonata di Maurizio Belpietro è il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Si parla del referendum per il Veneto indipendente. Le cifre sono da record: sono già stati raccolti 700mila voti. Lo spoglio inizierà alle 18 di venerdì, quindi si scoprirà in quanti si sono espressi a favore dello staccamento della Regione da Roma. Tosi spiega che starà poi alla Regione varare un eventuale referendum consultivo, che non ha valore legale, ma il cui valore simbolico potrebbe avere un impatto molto elevato. Il sindaco della Lega Nord spiega: "I dati sono credibili. Il punto fondamentale è il segnale che dal Veneto, da realtà produttiva del Paese, arriva allo Stato centrale. Qualcuno dovrà dare una risposta a questo urlo di rabbia - insiste Tosi -. C'è una parte del Paese che non ne può più e c'è tanta gente che al di là dell'essere secessionista è esasperata dalle tasse e aderisce alla protesta contro lo Stato centrale. Roma non vede l'inesorabile fallimento del Paese". Nell'intervista a Belpietro, il sindaco rilancia poi la sua sfida elettorale. Ora che Silvio Berlusconi è interdetto e incandidabile, il centrodestra cerca un uomo nuovo. Tosi non si tira indietro, e ribadisce: "Mi candido alle primarie del centrodestra. Bisogna aprirsi al dopo Berlusconi".
da Libero Quotidiano

giovedì 20 marzo 2014

Matteo Salvini a Schio (VI) presenta Alessandro Gori il candidato Sindaco della Lega Nord

Sabato prossimo, 22 marzo, alle 21 al ristorante Belvedere di Schio, Matteo Salvini, Segretario Federale Lega Nord-Padania, presenterà ufficialmente Alessandro Gori, candidato a sindaco per il partito. Il nome del candidato a primo cittadino girava nei corridoi già da tempo,
ma per dare ancora maggiore risalto alla candidatura, sarà proprio il leader nazionale del Carroccio ad ufficializzarlo alla città. L’occasione per incontrare il numero 1 della Lega e per conoscere chi sarà a tentare di far guadagnare per la prima volta il trono della città ad un leghista, è una cena a cui tutti possono partecipare e che, al costo di 20 euro a persona, prevede pietanze e vini tipici del territorio. Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Sergio Carrera (335.6851120), responsabile organizzativo provinciale, oppure a Mario Pegoraro (324.0557376), segretario della sezione di Schio.
A.Bia. (ThieneOnLine)


mercoledì 19 marzo 2014

Oltre 2mila immigrati soccorsi in due giorni

Nel 2014 sono arrivati 13mila clandestini, oltre 2mila solo nelle ultime 48 ore. La Difesa: "L'operazione Mare Nostrum ha limitato il traffico". Ma i finanziamenti sono finiti.
Un'ondata senza fine. Continuano gli sbarchi di immigrati che prendono d'assalto le coste italiane. 
Negli ultimi due giorni sono arrivato più di duemila clandestini dalle coste africane. E tanti altri potrebbero arrivarne nelle prossime ore impegnando al cento per cento le navi della Marina Militare impegnate nel dispositivo interforze "Mare Nostrum", in collaborazione con le motovedette della Capitaneria di Porto e con tre navi mercantili. Un’operazione che, a detta del capo di Stato maggiore della Difesa Luigi Binelli Mantelli, ha ormai esaurito i finanziamenti straordinari e opera solo grazie al bilancio ordinario della Forza armata.
È un lavoro incessante. Non appena il brutto tempo ha lasciato il Sud Italia, i barconi provenineti dal Nord Africa hanno ripreso a solcare il Mar Mediterraneo. Uno dopo l'altro, puntano le coste della Sicilia e della Calabrai per avere uno sbocco sull'Europa. Dal Sud al Nord Italia il passo è breve e l'ondata sempre più ingente. Ai 596 migranti salvati dalla fregata Grecale e dalla corvetta Sfinge il 17 marzo, e in arrivo questa mattina nel porto di Augusta, si sono aggiunti gli interventi effettuati dalla nave anfibia San Giusto, dalla fregata Euro e dal pattugliatore Cigala Fulgosi della Marina Militare in collaborazione con le motovedette della Capitaneria di Porto 302 e 315. Sono state messe in mare anche tre unità mercantili dirottate dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto. In Calabria una nave a vela è stata intercettata dalla Guardia di finanza a 28 miglia da Capo Spartivento
Secondo Binelli Mantelli, l’operazione Mare Nostrum "ha contribuito in maniera determinante a limitare il traffico di esseri umani" con l’azione di contrasto da parte delle unità militari all’attività delle navi madri. Un’operazione, quella della Marina, che ha ormai esaurito il finanziamento straordinario ed opera solo grazie al bilancio ordinario della Forza armata. Finora, esclusi gli ultimi soccorsi, sono state salvate quasi 3mila immigrati e fermati una cinquantina di scafisti. "È un impegno importante dal quale non credo - ha detto il capo di Stato maggiore della Difesa - si possa uscire tranquillamente perché non può essere sottovalutato l’aspetto umanitario". L’ammiraglio ha osservato come "la Nato ha capito che Mare Nostrum è un contributo alla sicurezza e non solo al controllo delle frontiere, spero lo capisca anche l’Europa". Ci sono infatti "connessioni, ancora non evidentissime, ma assolutamente certe tra trafficanti di vario genere e organizzazioni terroristiche".
di Sergio Rame (Giornale)

martedì 18 marzo 2014

Veneto indipendente, il referendum fa boom: ecco chi ci guadagna

Con 20 miliardi a disposizione in più l’Irpef può arrivare al 20% e l’Iva al 15%. Inoltre resterebbero soldi per opere pubbliche e alzare le pensioni.
Dobbiamo renderci conto di quanto ci costa restare in Italia, per capire perché in giro per l’Europa c’è più benessere. Siamo così abituati a sentirci dire che le risorse sono insufficienti che sembra impossibile doversi porre un problema del genere. Ma se il Veneto fosse indipendente, staccato dall’Italia, cosa cambierebbe? Proviamo a fare un semplice conto aritmetico. Sulla carta l’attuale pressione fiscale in Veneto è di 70 miliardi di euro a confronto con un presunto totale di 50 miliardi in servizi pubblici che dovrebbero tornarci indietro.
Ammettiamo anche che nei primi anni l’amministrazione pubblica veneta sia altrettanto inefficiente di quella romana (e che non ci siano da subito risparmi dovuti ad una riorganizzazione statale). Come minimo avremmo 20 miliardi di surplus da gestire, o con meno tasse, o con più servizi pubblici. Venti miliardi è il doppio dell’attuale disponibilità finanziaria della Regione Veneto, ed è probabile che il surplus dello Stato Veneto sia anche molto di più. Tanto per cominciare avremo l’imbarazzo di non poter abbassare troppo le tasse in fretta per non creare una pressione inflazionistica nella nostra economia. Avremo anche troppe risorse per investire sul nostro sistema sanitario, sulle nostre scuole, e potremo anche permetterci finalmente di dare una pensione dignitosa ai nostri anziani. Abbassando le entrate fiscali (meno tasse) e alzando la spesa (l’Italia ci lascerebbe in “brache di tela”, e avremo da pagare dottori e maestre) otteniamo un bilancio dei conti pubblici.
Riduzione fiscale - La pressione fiscale calerà di circa il 20% (dai 70 miliardi di euro di tasse che ci prende ora lo Stato centrale, a immediatamente 55 miliardi nei primi anni di indipendenza).
A) Le imposte indirette saranno ridotte del 25%. Questo significa che l’IVA sarà abbassata dall’attuale 22% a un 15%. Come primo impatto è meglio non abbassare di più per attendere che il mercato si adegui (e che ulteriori tagli non vengano compensati da margini più alti dei rivenditori). Dopo competerà ad ogni Provincia decidere se abbassare o alzare la propria IVA secondo un vero sistema federale. Ma intanto, con uno Stato Veneto indipendente tutti i prodotti costeranno immediatamente il 5-7% di meno.
B) I contributi sociali non saranno più prelevati direttamente dal datore di lavoro, ma saranno inclusi nella busta paga (come avviene in Danimarca). Questo significa che un operaio che al netto riceve 1200 euro al mese, e che al lordo di Irpef e di quelli che vengono chiamati “contributi a carico del lavoratore” se ne vedeva 1900 euro al mese, con uno Stato Veneto indipendente riceverà in busta paga il vero lordo (quello che lui effettivamente vale per il datore di lavoro) di 2500 euro, che comprende anche il 26,5% di contributi aggiuntivi che il lavoratore non vede, ma che lo stato riceve ogni mese a suo nome. I contributi sociali saranno ridotti del 25% e invece di pagare 600 euro il versamento per il nostro operaio scenderà a 450. Nei prossimi anni tali contributi saranno versati allo Stato Veneto, ma non appena sarà meglio organizzato, ogni lavoratore potrà anche affidare i versamenti per la sua pensione ad una assicurazione previdenziale privata.
C) Come imposte dirette vi sarà all’istante una tassa unica e fissa al 20% (dopo è probabile che saremo costretti ad abbassarla ancora per effetto dell’inevitabile ciclo virtuoso dovuto a questo stimolo economico che ci regalerà ulteriori surplus). Portare le tasse sul reddito al 20% non significa il tracollo delle entrate fiscali. Per effetto della misera distribuzione del reddito in Italia, tanti già ora pagano poco di più. Il nostro operaio del punto precedente probabilmente pagherà ora il 27% di tasse dal suo stipendio. L’impatto totale sarà un -15% sulle casse dello Stato.
In conclusione il nostro operaio si troverà 2500 euro in busta paga e al netto, togliendo 450 euro di contributi sociali e 400 di tasse (al 20%), otterrà una busta netta di 1700 euro. Rispetto ai 1000-1200 di adesso, è un bel 50% in più per andare a far la spesa e pagare pure il 5-7% in meno (per effetto dell’IVA abbassata) su tutto.
B. Abbiamo il dovere di investire pesantemente nell’istruzione. Minimo un 30% in più per scuole ed università (da 3,9 a 5,1 miliardi). Uscendo da un sistema retrogrado, investire immediatamente 1,2 miliardi in più sulle nostre scuole è obbligatorio. Non solo per lo stipendio delle nostre maestre e professori delle scuole medie e superiori, ma anche per incentivare la ricerca nelle nostre università, che deve servire da supporto per le nostre industrie. Al momento siamo molto arretrati negli investimenti in ricerca e sviluppo, ma davvero tanto: ultimi in Europa.
C. 30% di fondi in più per la viabilità. 400 milioni in più per strade, treni e aeroporti non sono neanche troppi. Fondamentale che tale danaro non venga gestito a livello centrale, ma sia amministrato direttamente dai comuni. Questo per evitare appalti di opere faraoniche, quando invece abbiamo necessità di manutenzione (dare una mano di bianco alle strisce pedonali, chiudere i buchi sull’asfalto…) su tutto il territorio.
D. Anche con tutti questi miliardi spesi in più, ci resta abbastanza per alzare comodamente la pensione dei nostri anziani di un 5% (da 21,1 a 22,2 miliardi per la previdenza). Nel complesso un pensionato disporrà di una pensione più alta del 5% e dei prezzi di mercato più bassi del 5% (effetto riduzione IVA). Un bel 10% di benessere in più per passare una vecchiaia serena, e consolarsi per le perdite sui BOT italiani che molti si saranno purtroppo ostinati a tenere fino all’ultimo.
Anche tenendo conto delle riduzioni di tasse e questo generoso aumento di spesa pubblica, il bilancio veneto resta in surplus di 159 milioni, pressapoco lo 0,1% del PIL veneto.
Più servizi pubblici - Pur con tutta questa riduzione di tasse al Veneto restano ancora 5 miliardi abbondanti di surplus che potrebbe impiegare per una crescita media dei servizi pubblici del 10%. E’ pur vero che ci sono tanti sprechi, ma è anche vero che l’Italia ci ha ridotto a servizi pubblici vergognosi.
A. Potremo benissimo permetterci di aumentare immediatamente del 30% la spesa pubblica per la sanità (da 8,1 a 10.6 miliardi). Per assicurarci che non finiscano nei soliti appalti di dubbia necessità, questo incremento deve essere indirizzato per la maggior parte sul personale: più dottori e infermieri, e pagati decisamente meglio. Non ci rendiamo conto ma a confronto ad altri stati industrializzati i nostri dottori e infermieri vengono pagati molto di meno. 
di Lodovico Pizzati*
*Docente di business statistics alla California State University di Los Angeles
da Libero Quotidiano

Referendum per l'indipendenza del Veneto Zaia: 'Il Consiglio approvi il progetto di legge'

Secondo gli organizzatori Vicenza rimane in testa nelle classifiche di affluenza con 182 mila elettori. 
VENEZIA. Il referendum online «è la conferma che noi veneti guardiamo al tema con modernità». Così il governatore del Veneto Luca Zaia commenta il quesito sull’indipendenza del veneto che Plebiscito.ue ha indetto in rete, ma anche con gazebo e via telefono, sino al 21 marzo prossimo. Un referendum al quale si sta interessando anche la stampa straniera, in particolare quella di Inghilterra e Russia.
Secondo i promotori del quesito, hanno espresso la loro opinione già 700.837 le persone. È Vicenza la provincia con più affluenza (oltre 182.000 elettori), seguita da Treviso (179.000), Padova (166.000), Venezia (143.000), Verona (92.000), Belluno (28.000) e Rovigo (29.000).
«Questo ulteriore risultato non fa che ribadire come il sentimento indipendentista sia ormai ubiquitario in Veneto - sottolinea Zaia -. Ben vengano iniziative come questa che riprendono lo spirito di altre organizzate in passato, sempre nate e gestite dal basso. Mi auguro che il risultato di questo referendum online - conclude - sia uno stimolo affinchè il consiglio regionale approvi il progetto di legge di indizione del referendum e quindi dia il via formale alla procedura».
GdV 18.03.2014

lunedì 17 marzo 2014

Plebiscito digitale veneto, per gli organizzatori alle 11 han votato in 565.000

Oltre 565.000 cittadini veneti che alle ore 11 di stamattina hanno votato nel Referendum di indipedenza del Veneto che durerà sino a venerdì 21 marzo prossimo.
Merita in ogni caso ricordare che l’assunzione di responsabilità civica del comitato referendario apartitico e trasversale Plebiscito.eu lo ha di fatto promosso ad autentica Magistratura della Repubblica Veneta, in quanto comitato spontaneo, trasversale, vastissimo, rappresentativo di tutti i settori geografici e sociali, autoattivatosi in forza della lezione e della continuità della plurimillenaria tradizione repubblicana veneta di autogoverno, ed in funzione di supplenza di una Assemblea Legislativa [il Consiglio Regionale] da troppo tempo in stallo. A fianco di Plebiscito.eu si sono mosse, coindicendo il Referendum anche significative Giunte Comunali (di aree geografiche e politiche diverse).
A tal proposito Franco Rocchetta, il più votato tra i politici veneti (senza aver mai condotto campagne politiche elettorali), testimonial di Plebiscito.eu e figura cristallina unanimente riconosciuta per le sue doti morali, personali, culturali e politiche, ha oggi annunciato che scriverà una lunga e dura lettera aperta sulle frasi assurde e infondate attribuite al Governatore Zaia, auspicando che siano smentite quanto prima. Il Referendum di indipendenza del Veneto è nel frattempo diventato una notizia di rilievo internazionale anche per il più importante e autorevole organo di informazione del mondo, la BBC, che non ha mancato di sottolineare l’assordante e rivelatore silenzio dei media italiani su una notizia che sta occupando le prime pagine in tutto il mondo.
Probabilmente nelle prossime ore al silenzio dei media italiani si sostituirà la disinformazione, mentre la politica veneta cercherà di cavalcare il cavallo dell’indipendenza, che puntualmente sa come disarcionare ogni opportunista.
Ufficio stampa-Plebiscito.eu

Il referendum veneto di domenica attira i giornali statunitensi, inglesi e finisce sulla tv russa

Il progetto di “Plebiscito.eu” creato per permettere ai veneti di votare sull’indipendenza della regione attraverso un referendum digitale sta per entrare nella sua fase operativa. Domenica 16 marzo dalle ore 7 i 200 mila già iscritti alla piattaforma potranno iniziare a votare, mentre sono in distribuzione attraverso la rete di volontari oltre 3 milioni di codici personali con cui i veneti potranno esprimere la propria preferenza fino al 21 marzo.
Nel frattempo la notizia del referendum per l’indipendenza del Veneto sta facendo il giro d’Europa. Tutto è partito dal lancio stampa di una agenzia austriaca e ieri Gianluca Busato, presidente del comitato per il sì e promotore del progetto, è stato contattato da diversi quotidiani statunitensi e inglesi come il Daily Mail, Los Angeles Times, Guardian. Domenica, invece, la notizia del referendum veneto apparirà già sul Sunday Express.
Ieri sera, inoltre, alcuni giornalisti della principale TV russa, la NTV, hanno preso l'aereo per venire a intervistare oggi Busato a Venezia alle 14,30 in piazza San Marco e per riprendere l'incontro che si terrà questa sera alle ore 21 all'Hotel Amadeus a Cannareggio: un incontro per il reclutamento di altri volontari oltre a quelli già esistenti, arrivati a superare quota 5 mila, “scesi in campo” per l’autonomia del Veneto.

Matteo Renzi e il Jobs Act: le valutazioni di Roberto Ciambetti

Matteo Renzi nell'era della politica spettacolo segna una nuova frontiera nella comunicazione-recitazione. Act è la vera parola chiave per capire questa nuova frontiera e il suo alfiere, appunto Matteo Renzi. Act, in Inglese, significa testo di legge, ma anche finzione: come termine legato allo spettacolo, Act sta per performance, atto teatrale, recita.
Renzi oscilla dunque tra l'azione e la messinscena, tra l'agire e il recitare, tra il fatto e la commedia: il Job Act, come tutti gli altri Acts promessi dal capo del governo, potranno forse concretarsi in leggi autentiche oppure finire in farsa. Se i mille Euro in più all'anno promessi ai lavoratori a maggio, in concomitanza sospetta con le elezioni europee, non troveranno copertura e dovranno pertanto essere rimandati (ma solo dopo le elezioni) sine die sarà a causa di un Act of God, una fatalità, e non certo perché Renzi si è comportato male, act up in inglese.
E' chiaro, per altro, che atto-act hanno la loro radice etimologica nel latino agere il che ci rimanda anche al greco agogos, guida, da cui demogagogo e anche all'inquietante italico duce. Si oscilla tra speranze e dubbi, forti aspettative, grandi perplessità. Tuttavia qualche piccola certezza affiora soprattutto nel volto cupo di mr. Padoan (pronunciato come avrebbe fatto Sordi nel doppiare Ollio: Pà - dòan) che dovrebbe ritagliare i miliardi promessi senza alterare gli equilibri di bilancio, come teme l'Europa. La via per rassicurare Bruxelles e finanziare, o fingere ( anche in questo caso in inglese si può usare il termine act: "Don't take him seriously, it's all an act") di finanziare l'operazione passa per la svendita dei gioielli di famiglia: l'Eni (38esima azienda tra le prime 2000 al mondo, tra le maggiori compagnie petrolifere a livello internazionale che porta al Tesoro un utile annuo di oltre 1,2 miliardi di €) l'Enel insieme alla controllata Enel green power, leader internazionale nella produzione di energie rinnovabili, Fimeccanica, Poste italiane, Enav... cioè quanto di meglio offre l'economia italiana in settori strategici di natura pubblica. Le aspettative di chi da dietro le quinte sfrutta lo scenario di profonda crisi italiana sono sempre quelle riposte dapprima in Mario Monti, poi in Letta ed ora in Renzi: cambiano i modi di recitare (act in inglese), ma il copione resta sempre lo stesso: il viceministro Morando ha annunciato due giorni fa che punta a recuperare 4 miliardi dalla vendita del 40 per cento di Poste e 1 miliardo dalla cessione di Enav. Sarà un caso ma già Intesa San Paolo ha detto che vuole entrare nel business Poste e così investire parte di quei miliardi arrivati dallo stato a tassi ridicoli che oggi servono proprio per fare un bell'affare a spese del contribuente. Se avessi un libretto o conto di deposito postale non mi sentirei molto tranquillo.
La svendita poi verrà estesa e imposta agli enti locali a partire dalle aziende ex municipalizzate spiegata come ricetta di uscita dalla crisi politica ed economica, in grado di abbattere il debito degli enti locali, attrarre capitali privati anche esteri, magari di qualche emiro, eliminare le poltrone del sottobosco politico e rilanciare così l'economia. Il tutto, ovviamente, senza intaccare il sancta sanctorum dei veri centri di spesa, uno stato elefantiaco e clientelare, una burocrazia ministeriale bulimica dalle pretese folli, intere aree del paese dove si vive di fondi pubblici e si evadono le tasse. Lo spettacolo (act) è sempre quello: Renzi con i suoi act si dà arie da simpatico actor. Ma a muoverlo è un burattinaio molto abile: mastermind, per dirla nell'inglese della City e Wall Street.

domenica 16 marzo 2014

Veneto, da oggi referendum per l'indipendenza. Zaia: "Attento Renzi, vogliamo scappare"

Luca Zaia, governatore veneto, la saggezza pop dice che nel cuore d’ogni veneto ghe xè on Leon, miga on cojon. Da oggi da oggi on line fino al 21 marzo -giorno dello spoglio in piazza dei Signori a Treviso- c’è il «Plebiscito per l’Indipendenza del veneto». 
«Eviterei le domande: va a votare? O Cosa ne pensa del Plebiscito?».
E allora, perdoni, cosa le chiedo?
«Per carità, ben venga il Plebiscito, è la terza o quarta volta che si tenta di farlo; e solo la Lega ha raccolto nei gazebo 100mila firme. Ma è l’iniziativa di un partito che si chiama appunto “Plebiscito 2013”, costola di un altro partito , “Indipendenza veneta”. Bisogna fare delle riflessioni. Il sospetto è che la gente voglia l’indipendenza perché, strangolata dalla crisi chiede tassazioni più basse, mi piacerebbe che pensassero all’indipendenza come movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia»
Diciamolo: dovevate votare l’indipendenza in Consiglio regionale, ma c’eravate solo voi 20 leghisti e pochi altri. Ed è saltato.
«Tecnicamente per fare un referendum sul tema ci vuole una legge regionale, e un Consiglio che voti la legge; l’anno scorso non la votò e la fece tornare in commissione, perché quella legge non aveva la maggioranza e non sarebbe passata».
Ma sarebbe stata comunque incostituzionale: «La Repubblica è una e indivisibile», articolo 5 della sacra Carta...
«Vero, però il diritto di autodeterminazione e il diritto internazionale ci danno ragione, e noi avremmo fatto volentieri scoppiare il dibattito sul referendum. Ma, fosse stato fatto così, da qualcuno per vezzo, non avrebbe avuto efficacia giuridica. La verità è che è importantissimo seguire quel che avviene in Catalogna».
In Catalogna? Intende al referendum omologo di Artur Mas?
«Sì, loro sono avantissimo: dobbiamo capire se sull’indipendenza riescono ad aprirci un varco. La loro deadline è il 9 novembre 2014. Se l’indipendenza la ottiene Barcellona, seguendo il loro metodo potrebbe ottenerla Venezia».
Il premier Renzi si è espressamente dichiarato per il contro-referendum.
«Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al Luna Park. Ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma. Matteo l’ha detto chiaramente di non credere alle regioni, anzi fosse per lui le abolirebbe. É un neocentralista che ha un ideale di sviluppo fordista; noi siamo quelli del distretto industriale diffuso. Fosse per Renzi la Bavaria industriale autonoma non esisterebbe. Lui giustifica questa cosa affermando che “ci sono regioni non virtuose”; io rispondo: “ma scusa, perché non punisci quelle?”. La verità è che ci vogliono le palle».
Una visione testicolare della politica che richiama la Lega bossiana, e un po’ i toni odierni del suo segretario Salvini, oserei...
«Salvini sta facendo un buon lavoro. Ma è Renzi che deve avere il coraggio di dire: che metà d’Italia -il sud- è tecnicamente fallita, e bisogna mandare i curatori fallimentari. Vendere le auto blu non risolve il problema, e neanche tassare le rendite finanziarie; è vero che in Germania le aliquote sono al 26%, ma lì hanno la pressione fiscale al 46% , da noi è al 68%..».
Però il governo, oggi, lavora in direzione opposta al federalismo come lo volevate voi (che, tra l’altro non ebbe un gran successo). La trasformazione del Senato è diversa dal modello di Miglio, la cancellazione del titolo V° non ne parliamo.
«Guardi, il Veneto è la regione più identitaria d’Italia: 7 persone su 10, trasversalmente pensano e parlano in Veneto. Il federalismo, per noi, era un passaggio obbligatorio, una forma di educazione. Abbiamo bussato alla parta con i fiori in mano, ci siamo puliti i piedi sullo zerbino, ma non ci hanno aperto. A ’sto punto, la porta noi la sfondiamo. Ormai siamo al Big bang delle istituzioni, le rivoluzioni nascono dalla fame; e ci siamo, alla fame. Il Veneto può scappare. Perchè siamo incazzati: abbiamo perso 85mila posti di lavoro, siamo quelli che ogni anno lasciano a Roma 21 miliardi di tasse, e ci ignorano...».
Però, ora, guarda caso, il ritorno ai regionalismi tentano di cavalcarlo in molti. Grillo, per dire, evoca la «Repubblica di Venezia», roba sua, Zaia. O no?
«Grillo non si capisce cosa voglia; se vuole l’indipendenza venga a firmare ai gazebo, ma non penso che i suoi siano d’accordo»
A Treviso, però nell’ex «Zaiastan» il sindaco è renziano del Pd...
«Onore ai vincitori. Ma io non ho problemi nel mio rapporto con gli elettori. Votano per me ancora 6 su 10. La verità, veda, è che la ricreazione è finita».
Questo lo dice anche Renzi.
«Questo lo tolga...».
di Francesco Specchia (Libero)