giovedì 13 marzo 2014

Soldi agli immigrati che vanno via. Così il Veneto vuol fermare l’invasione

Gli stranieri nella regione sono circa mezzo milione e il 20% è senza lavoro.
Il Veneto leghista pagherà il rimpatrio degli immigrati rimasti senza lavoro. Di chi, arrivato nell’ex ricco Nordest con la prospettiva di un’occupazione e di una vita dignitosa, per colpa della crisi e della chiusura di migliaia di piccole e medie aziende si è ritrovato senza impiego e senza prospettive. Gli stranieri residenti nella regione governata da Luca Zaia sono circa 500 mila, un decimo della popolazione. L’immigrazione contribuisce al 6 per cento del prodotto interno lordo regionale. I posti di lavoro però sono sempre meno e anche quegli immigrati che erano riusciti a inserirsi nel tessuto sociale, oggi si ritrovano nuovamente ai margini: in Veneto la disoccupazione straniera ha raggiunto il 23 per cento. Vien da sé che la situazione, pur in una delle regioni più accoglienti d’Italia sul fronte dell’immigrazione, sta diventando molto complicata da gestire. Ecco dunque che Zaia rispolvera il vecchio adagio leghista «aiutiamoli a casa loro» e mette sul piatto 650 mila euro, cifra che, assicura il governatore, arriverà al milione prima dell’approvazione definitiva del bilancio. Parte di questa somma, secondo la nuova legge sull’immigrazione che andrà a sostituire il testo del 1990, sarà destinata ai rimpatri. Il piano è stato concordato con le associazioni che fanno parte della Consulta regionale per l’immigrazione. Zaia ha la delega ai Flussi migratori dopo la bufera che la scorsa estate si era abbattuta sul compagno di partito, Daniele Stival, secondo cui il paragone di Roberto Calderoli tra Cècile Kyenge e l’orango sarebbe stato offensivo per quest’ultimo.
Zaia parla di una vera e propria «emergenza dettata dalla disoccupazione e dall’impossibilità da parte degli immigrati di tornare a casa». Il leghista, che respinge al mittente le puntuali accuse di razzismo avanzate da alcuni esponenti di sinistra, sta mettendo a punto un piano «per riportare le persone là dove hanno le loro famiglie, i loro affetti e le loro piccole proprietà». Nel fondo destinato ai rimpatri rientreranno anche i prestiti d’onore, ossia piccole somme di denaro che la Regione Veneto sta pensando di destinare a quegli stranieri che, imparato un mestiere nelle fabbriche e nei campi del Nordest, vogliano provare ad aprire attività in patria. Questo, fa sapere il governatore, sarà anche un modo per combattere l’immigrazione clandestina, per evitare che le persone rimpatriate, dopo pochi mesi tornino in Italia. La proposta però non piace alla Caritas di Venezia. Il direttore, don Dino Pistolato, dice che lo scenario dei rimpatri torna di moda ciclicamente e che finora ha sempre fallito. La Caritas boccia anche i prestiti d’onore. «Che allora ci presentino loro una soluzione attuabile» replica l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan (Pdl Fi-Veneto). «Il progetto della nostra giunta punta sia al rispetto della dignità degli immigrati sia a quel “prima i veneti” scelto da Zaia in campagna elettorale e che non è soltanto uno slogan. Venerdì presentiamo i dati relativi al mercato del lavoro. Nel 2013 in Veneto i fallimenti sono stati 10 mila, 2 mila in più rispetto al 2012. È chiaro» conclude Donazzan «che non c’è più posto per tutti. La situazione è drammatica, bisogna intervenire con delle azioni concrete».
Il progetto della giunta Zaia è stato reso noto nei giorni in cui il governo spagnolo ha rilanciato il “programma di ritorno volontario” per tentare di limitare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Madrid, dopo l’esperienza dello scorso anno che ha riguardato 246 stranieri, ha di nuovo offerto 350 euro a ciascun immigrato che deciderà di fare ritorno nella terra di origine. Le situazioni più delicate riguardano le enclavi marocchine di Ceuta e Melilla. Il governo di Madrid ha sottolineato che elargire una somma di questo tipo significa «mettere gli immigrati nelle condizioni di poter affrontare al meglio la vita nei loro Paesi, dove il reddito pro capite è bassissimo». Il Veneto prova a seguire l’esempio.
di Alessandro Gonzato

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