venerdì 10 aprile 2015

Albettone (VI). Il sindaco espone cartelli di "divieto ai nomadi"

ALBETTONE. Fucile sotto il cuscino e divieto di sosta ai nomadì in bella mostra davanti al Municipio. È l’idea di sicurezza che il sindaco-sceriffo Joe Formaggio, primo cittadino di Albettone, ha ribadito oggi, cogliendo l’occasione della Giornata internazionale della cultura Rom e Sinti, per andare all’attacco della gente che vive nelle carovane. Formaggio, che si vanta di dormire ’con il fucilè sotto il cuscino come deterrente per i malintenzionati, ha dapprima firmato un’ordinanza, ufficialmente per motivi igienico-sanitari, quindi con il badile in mano, aiutato dagli operai comunali, ha affisso ai confini del territorio dei cartelli rettangolari con il simbolo del divieto e l’avvertimento No ai nomadi. «Questo è il regalo che il Comune fa a queste persone», ha affermato l’amministratore, eletto con una civica di centrodestra vicina a Fratelli d’Italia.«Ci sono stati dei furti in passato - ha ricordato -, quando erano state viste carovane e altri ’baldacchinì vari. Noi rotture di c... nel nostro comune non ne vogliamo. Facciamo come nel Far West, quando scrivevano gli avvisi alle porte del paese. Ecco, noi lo abbiamo scritto, i rom non li vogliamo». Ufficialmente, il provvedimento è stato preso per ragioni igienico-sanitarie. Il Comune di Albettone infatti non è dotato di piazzole per la sosta e attacchi temporanei per gli scarichi civili. Ma il sindaco Formaggio non fa mistero che la vera ragione è impedire a Rom e Sinti di fermarsi, perchè - spiega - «i campi nomadi sono covi di criminalità». Joe Formaggio è l’amministratore che nei mesi scorsi si schierò per primo in sostegno del benzinaio Graziano Stacchio, che a Ponte di Nanto - comune vicino ad Albettone - sparò durante un tentativo di rapina ad una gioiellerie uccidendo un bandito, proveniente da un campo nomadi del trevigiano, Albano Cassol. Un caso che fece scalpore, e portò Formaggio sulle prime pagine degli organi di informazione. Proprio al sindaco di Albettone si deve infatti la campagna «Io sto con Stacchio», con le relative t-shirt- che fu poi adottata in prima istanza da Matteo Salvini e da Giorgia Meloni, che identificarono in Stacchio e negli amministratori con lui solidali l’esempio del cittadino costretto a immaginarsi una ’sicurezza fai da tè per la latitanza, a loro dire, dello Stato.
GdV 09.04.2015

Nessun commento:

Posta un commento