domenica 7 aprile 2013

Gli imprenditori vanno all’Aja: «I suicidi di Stato siano crimini contro l’umanità»


Confedercontribuenti chiede una commissione d'inchiesta internazionale sui suicidi di Stato. I piccoli alzano la testa, e non vogliono più sentir parlare di Equitalia. 
I suicidi di Stato come morti sul lavoro e crimini contro l’umanità perpetrati, subdolamente, dallo Stato. È questa la denuncia che Confedercontribuenti farà, oggi, spedendo un atto ufficiale alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, domandando la creazione di una «commissione d’inchiesta internazionale» che accerti l’entità del fenomeno dei suicidi dovuti alla crisi in Italia. La richiesta viene lanciata nell’ambito di un evento di Padova (città scelta per testimoniare l’enorme prezzo in termini di vite umane che il Veneto sta pagando) cui parteciperanno imprenditori e lavoratori che non hanno intenzione di “farsi suicidare” dalla morsa di Equitalia.
I dirigenti dell’associazione, a partire dal presidente nazionale Carmelo Finocchiaro, deporranno una corona sul monumento ai caduti e osserveranno un minuto di silenzio in onore dei morti della crisi e delle tasse. Seguirà una conferenza stampa in cui verrà presentata una serie di proposte per la crescita indirizzata a una classe politica sempre più sorda: dall’accesso al credito, al pagamento dei debiti della Pa, dalla riduzione delle imposte (arrivate al 70%) reale a una moratoria sulle cartelle esattoriali per cui Equitalia ha di recente stabilito l’aumento del 15% degli interessi di mora. E tanto altro. 
Simona Pedrazzini parteciperà in qualità di responsabile Confedercontribuenti per l’Emilia Romagna. Anche lei, come tante altre persone, è una piccola imprenditrice che vive quotidianamente sulla propria pelle le conseguenze della crisi e di una politica fiscalista assassina che lo «Stato ladro» porta avanti a scapito dei più deboli. Per questo nel 2011 ha deciso di fondare, su Facebook, un gruppo di ascolto e sostegno reciproco chiamato «Piccoli imprenditori e suicidi di Stato» per raccogliere le voci di chi cercava aiuto. «L’idea – ci dice – è nata in un momento di grande difficoltà personale. Quei momenti in cui ti sembra tutto perduto e non vedi una luce in fondo al tunnel». Simona però non ha ceduto agli esiti estremi a cui l’estrema sofferenza può portare e ha deciso di condividere la propria storia sul social network creando un gruppo chiuso in cui ognuno può raccontare la propria esperienza. 
«Prima pensavo quasi di essere l’unica a soffrire mentre tutti gli altri erano in vacanza o al ristorante. La condivisione delle storie e del dolore mi ha dato la sensazione di non essere sola, ma di vivere una situazione comune indipendente dalla mia volontà». Pedrazzini ha avuto così modo di conoscere tanti «fratelli e sorelle», imprenditori o lavoratori dipendenti: «tra loro – ci dice confutando un mantra della sinistra -non c’è differenza: quando un imprenditore fallisce anche il dipendente si trova senza lavoro. E ci si ritrova tutti sulla stessa barca». Oltre a dare un supporto psicologico l’imprenditrice vuole anche denunciare i suicidi, dar voce a chi ne ha ancora e a chi non ne ha più. Ha contribuito a creare, su Radio24, il programma “Disperati mai” in cui si parlava di storie estreme di imprenditori vessati. «Poi dopo appena due mesi è stato chiuso perché secondo alcuni istigava al suicidio. Come se uno si suicidasse perché sente altri che lo fanno e non perché, suo malgrado, vive situazioni insopportabili. Non tutti sanno cosa vuol dire vivere ogni santo giorno ogni ora del giorno nel terrore di una telefonata, un campanello che suona, una lettera che potrebbero contenere una cartella esattoriale o il messaggio di un pignoramento. Se non paghiamo è perché non abbiamo soldi non perché siamo evasori. Eppure ce li chiedono e se non li diamo ci pignorano la prima casa; ai lavoratori in proprio sequestrano gli attrezzi del mestiere: pensano così che uno possa continuare a lavorare e pagare i suoi debiti?». 
Ora, tramite Confedercontribuenti, mette a disposizione un avvocato che analizza i casi di insolvenza: «al 99% si scopre che dietro c’è un sistema di anatocismo dei conti bancari o di vera e propria usura». Simona vuole concludere con un messaggio di speranza: «La vita è la cosa più importante che abbiamo e non dobbiamo permettere a nessuno, soprattutto a uno Stato ingiusto e irrispettoso, di togliercela». 

di Matteo Borghi (L'Intraprendente)

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