martedì 9 aprile 2013

La questione settentrionale non esiste. Così si suicida un partito



Per capire come in pochi mesi si è dissolto il Pd, basta ricordare come i "giovani turchi" negavano l'emergenza del Nord. 
Con la fine della parabola di Pier Luigi Bersani, ormai ex “pre-incaricato premier congelato”, si sfalda anche il Partito Democratico. A chi cercasse le cause politiche del crollo di quello che, fino a pochi mesi fa, era agli occhi di tutti i commentatori l’unico partito rimasto in piedi, si può rispondere con una frase: «La questione settentrionale non esiste». Siamo a Pizzo Calabro al convegno di “Rifare l’Italia”, l’associazione dei “giovani turchi”, le nuove leve che vogliono spostare ancora più a sinistra il Pd. La data è quella del 28 ottobre 2012, il governo Monti è agli sgoccioli, la Seconda repubblica al tramonto, Berlusconi e il PdL politicamente morti, Grillo raccoglie un po’ di voto di protesta e il Pd è destinato a governare per almeno i prossimi 5 anni. Matteo Orfini, astro nascente e leader intellettuale dei “giovani turchi” non dice solo che la questione settentrionale non esiste, ma che in realtà non è mai esistita: «Per anni abbiamo discusso di una inesistente questione settentrionale», frutto di una subalternità culturale al centrodestra , figlia del “leghismo che è in noi”.
Per il Pd era possibile non vincere le elezioni solo con una linea politica del genere, ed è proprio a causa di questa cecità ideologica se al Nord la sinistra ha preso mezzo milione di voti meno del centrodestra, se ha perso in Lombardia nonostante la fine decadente dell’era formigoniana e se ha così tante difficoltà a raccogliere consenso tra i ceti produttivi. Aldilà della scelta del modello istituzionale più o meno decentrato che un partito può portare avanti, il problema più grave è non aver compreso che i problemi del nord sono “la crisi”, le criticità alla base della “questione settentrionale” sono i problemi dell’Italia: burocrazia, iper-regolamentazione, eccesso di spesa, sprechi, malagiustizia, centralismo, tasse, tasse e ancora tasse. In fondo sono gli stessi problemi, forse ancora maggiori, che incontra la libera impresa che opera al Sud. Sono gli effetti dell’aggressione quotidiana che il ceto parassitario, grazie al potere politico-statale, combatte contro i produttori di ricchezza. 
In questa lotta di classe i post-marxisti hanno tacitamente scelto di difendere chi consuma e non chi produce. «La questione settentrionale non esiste», come lo zio di Johnny Stecchino che parla dei problemi della Sicilia: «puttroppo siamo famosi ne’ mmondo pe’ quelle che voi chiamate Piaghe…cose terribbili…e lei sa a cosa mi riferisco…l’Etna, la siccità, i’ traffico». Negazionismo. E probabilmente non poteva esserci una posizione diversa da parte di chi si ispira all’esperienza primo novecentesca dei “Giovani Turchi”: rivoluzione dall’alto, centralismo e repressione delle autonomie (vedi alla voce genocidio armeno). Vogliono Rifare l’Italia, stavolta non da Marsala ma da Pizzo Calabro, per rifarla peggio. Il Nord ha votato contro. Ma anche il Sud: la sinistra ha perso pure in Calabria.

di Luciano Capone (L'Intraprendente)

Nessun commento:

Posta un commento