venerdì 21 agosto 2015

Il funerale di Casamonica: Roma, la città dove persino le crune degli archi si trasformano in archi di trionfo per i boss

Il pacchiano e milionario (sacrilego?) funerale di Vittorio Casamonica a Roma, boss romano e rom della famiglia omonima, sta facendo discutere in tutto il mondo ed è diventato un caso politico. Sull'argomento, riceviamo e pubblichiamo il commento del presidente del Consiglio regionale del Veneto, il vicentino Roberto Ciambetti.
"E' più facile a un cammello passare per la cruna d'un ago, che ad un ricco entrare nel regno di Dio", figuriamoci se poi il ricco è tale perché boss del mercato della droga e dell'usura. Macché, a Roma si riesce persino a riscrivere il Vangelo.
Credo che le esequie del boss dei Casamonica, cosca di origini nomade che controlla lo spaccio di stupefacenti e una buona fetta dell'usura a Roma, sia un caso emblematico del disastro morale capitolino. Quello che è definito dalla stampa romana come il capo di una cosca mafiosa è stato accompagnato nel suo ultimo viaggio da una banda musicale che lo accoglie nella chiesa del Tuscolano dedicata a Don Bosco suonando ile note del Padrino: per uno che s'avvia verso la Casa del Padre, il Padrino è un bel segnale. Davanti la chiesa una gigantografia con su scritto "Vittorio Casamonica: Re di Roma" e il fotomontaggio combina l'immagine del "re degli zingari" con una Croce e il Colosseo, con quel richiamo evidente alla Via Crucis celebrata dal Papa nel Venerdì santo. Evidentemente il "re di Roma e degli zingari" gode di alta stima tra i suoi amici e sostenitori, certi che, come spiega un altro manifesto, "Hai conquistato Roma, ora conquisterai il Paradiso" e lo stesso celebrante non sembra dubitarne affatto tanto da assicurare che Cristo "aspetta a braccia aperte questo fratello". Sorge il sospetto che dalle parti di quel Paradiso a cui accenna il prete del Tuscolano le crune degli aghi devono essere di dimensioni ragguardevoli. All'uscita della chiesa, per quanto non ne sia all'altezza, la banda intona tra una stecca e l'altra l'Introduzione del poema sinfonico "Così Parlò Zarathustra" di Strauss, il celeberrimo brano che apre "2001 Odissea nello Spazio" e dal cielo un elicottero sparge sulla folla petali di rosa: per quanto straziate le note di Strauss, nel citare il film di Kubrick o l'inizio della "Storia Pazza del Mondo" di Mel Brooks, diventano una sorta di ironia involontaria che non riesce tuttavia a scacciare lo sgomento e l'amarezza.
Questa, che accoglie un boss della malavita come un beato, è la stessa chiesa che nelle scorse settimane dava lezioni di etica e morale a proposito dell'accoglienza e non più tardi di qualche giorno fa aveva vietato la preghiera degli Alpini per toni da alcuni ritenuti provocatori e guerreschi? Ma siamo a Roma, a Roma nello stesso giorno in cui viene annunciata la data del maxiprocesso Mafia Capitale, nella città Santa, dove strutture ecclesiastiche gestiscono 297 case per ferie, molte delle quali non pagano le tasse o hanno contenzioso tributario per decine di milioni, con circa 13 mila posti letto, disponibili ad accogliere a braccia aperte ovviamente le maggiori Carte di credito. In questa città, per un boss della malavita le crune degli aghi vengono trasformate in archi trionfali. Chissà cosa diranno quei preti che ogni giorno, ovunque nel mondo, si dannano l'anima per assolvere ai loro compiti, aiutare i poveri e dare accoglienza a poveri cristi qualunque: sono questi preti, i loro collaboratori, i consigli pastorali e tanta gente che onestamente ogni giorno, tra catechismo, assistenza, animazione e tanto impegno ad essere offesi da questa pantomima assurda nella città il cui vescovo arriva dall'altra parte del mondo e ha scelto il nome di Francesco.
da VicenzaPiù

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