mercoledì 18 giugno 2014

Matteo Renzi, restituisci la tangente rossa

Non un accenno all'assemblea del Partito democratico di sabato, né la successiva domenica, né oggi, lunedì 16 giugno, all'assemblea di Confindustria di Vicenza e Verona, due città vicine a Venezia, epicentro dello scandalo. Matteo Renzi non ne parla, bocca cucita su quei 500mila euro incassati dall'ex sindaco della Laguna, Giorgio Orsoni, per conto del Partito democratico. Un silenzio, quello del premier, che in un articolo-appello pubblicato su Libero di domenica 15 giugno Mario Giordano ha chiesto di rompere. Un appello (lanciato già sabato da Maurizio Belpietro) non raccolto, e ancor più attuale dopo il silenzio delle ultime ore. Un appello che vi riproponiamo.
#matteononfareilfurbo. Visto che ormai con Renzi bisogna parlare per hashtag, proviamo a usare il suo codice preferito. Se non lo capisce, ne aggiungiamo un altro: #matteotirafuoriisoldi. O anche #matteorestituiscilemazzette. Stiamo parlando, ovviamente, di quei 500mila euro incassati dall’ex sindaco di Venezia Orsoni per conto del Partito democratico, oseremmo dire: su istigazione del Partito democratico, come ha raccontato lui stesso ai giudici. Orsoni, come è noto, ha patteggiato 4 mesi. Dunque è evidente che i magistrati hanno preso per buona la sua versione. Di conseguenza è acclarato che quei soldi sono finiti nelle casse del Pd. Quindi, ribadiamo: #matteononfareilfurbo. Restituisci subito il maltolto.
Ieri all’assemblea del partito, il premier ha fatto come al solito un bel discorso, traboccante di slogan, belle parole e retorica. Ha innalzato la bandierina della pulizia, del rigore e dell’intransigenza con i ladri. Ha rivendicato il fatto di aver chiesto le dimissioni di Orsoni perché, dice, uno che ha ammesso la sua colpa (il finanziamento illecito) non può fare il sindaco. #bravomatteopugnoduro, bisogna essere inflessibili. Giusto. Sacrosanto. Ma, allora, c’è qualcosa che non torna: se il Pd non può convivere con uno che ha ammesso di aver ricevuto il finanziamento illecito, come fa a convivere con il finanziamento illecito medesimo?
A questa domanda Renzi il candido, l’uomo che veste la camicia bianca come se fosse un manifesto di stile e di morale, non ha voluto rispondere. Non ne ha fatto cenno. #silenzioassoluto. O anche #silenzioimbarazzato. Qualcuno, tra i suoi, a mezza bocca, ammette l’evidente contraddizione: com’è che Orsoni è stato fatto fuori per aver preso i soldi e poi i soldi restano nelle casse del partito? Non si fa così. Il bottino va restituito, quando si recupera la refurtiva la si rimette sempre a disposizione della collettività. Non abbiamo forse speso intere pagine di entusiasmo per il meraviglioso recupero dei beni sottratti alla criminalità organizzata? La mazzetta finita nelle casse del Pd è poca roba rispetto a tutto ciò, si capisce. Ma, in ogni caso, non è roba del Pd. E dunque non possono tenersela.
#matteononfareilfurbo, dai verbali di Venezia emerge un quadro chiarissimo, il cosiddetto «sistema Pd», incentrato sull’ex presidente dell'Autostrada Padova Venezia, Lino Brentan, già funzionario locale del partito. Era lui l’architrave di quel metodo rosso della tangente che partiva dal Mose e finiva nelle casse dei democratici, coinvolgendo i massimi responsabili locali. Per ottenere soldi venivano truccate le gare per appalti e subappalti, di tutti i lavori pubblici del Veneto, mica solo quelli relativi all’acqua alta in Laguna. L’impressione è che ci sia ancora molto da raccontare e da ricostruire. Ma noi non vogliamo spingerci così avanti. Ci limitiamo a quello che sappiamo, ciò che è accertato, definitivo, così definitivo da spingere il partitone a far dimettere un suo uomo dalla carica di sindaco: una mazzetta da mezzo milione di euro è finita nelle casse del Pd. Perché non viene immediatamente restituita?
Come vedi, caro premier, è una domanda semplice. Un sillogismo politico che non lascia spazio a dubbi, né a chiacchiere. A te le chiacchiere piacciono, lo sappiamo. Sei il numero uno. Ma qui le chiacchiere stanno a zero. Qui è una questione pragmatica, come piace nel Nordest, è un ragionamento semplice fondato sulla logica e sugli schei: quel mezzo testone (che sommando quello confessato dal consigliere regionale del Pd Marchese sarebbe poi un testone tondo tondo) va restituito ai suoi legittimi proprietari. Cioè, nella fattispecie, noi, i cittadini italiani. Non riusciremo a darci pace finché non avremo una risposta. Perché, vedi, altrimenti tutte le parole che pronunci e che pronuncerai su questo tema valgono meno di zero. È un po’ troppo comodo, no? Chiedi agli altri di denunciare il malaffare e tu non denunci il malaffare che hai in tasca? #mattenonfareilfurbo. Facci un cenno e restituisci la refurtiva. Altrimenti diventi un po’ ladro anche tu. O, per lo meno, ricettatore.
di Mario Giordano

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