mercoledì 11 settembre 2013

11 settembre, la Catalunya festeggia la propria identità e punta al referendum



Roberto Ciambetti, assessore Regione Veneto - Sono 299 anni quelli che separano la Catalunya di oggi dalla caduta di Barcellona nel 1714 dopo 14 mesi di assedio da parte delle soverchianti truppe spagnole: il tempo non ha di certo fatto venir meno il ricordo di quella straordinaria epopea e il bisogno da parte dei catalani di riaffermare la loro identità, bisogno che anima ogni 11 settembre la Diada, festa nazionale catalana. Chiunque creda nei valori vuoi del federalismo, della democrazia, come  dell’autonomia e ancor più dell’Indipendenza e diritto all’autodeterminazione  dei popoli l’11 settembre non può non sentirsi catalano.
Il tema di fondo della Diada è l’impegno per giungere al referendum sull’Indipendenza da Madrid e magari far coincidere questa consultazione con i 300 anni della caduta di Barcellona e dalla progressiva abolizione delle istituzioni catalane voluta dai Borboni di Spagna e imposta con i Decreti di Nueva Planta del 1716.
Pochi anni prima, nel 1707,  la Scozia era stata costretta nei fatti ad accettare l’unione con il regno di Inghilterra ponendo così fine formalmente ad uno stato antichissimo, la cui fondazione risaliva al IX secolo: il prossimo 21 settembre a Edimburgo le forze politiche e gli attori sociali scozzesi terranno una grande manifestazione, dopo quella dello scorso anno, nella lunga marcia verso il Referendum del 2014 in cui verrà proposto ai cittadini scozzesi la separazione da Londra con la costituzione dello stato scozzese.
Sia in Catalunya come in Scozia la questione della separazione da Spagna e Inghilterra è stata scaricata da ogni tensione ideologica e non è un caso se le forze  politiche di quei paesi antepongono il loro essere catalani o scozzesi all’appartenenza alla  sinistra, destra, al centro o all’essere moderati, conservatori, progressisti: per loro, prima di tutto, viene l’identità locale che va difesa e tutelata al di là e al di sopra degli interessi di parte.  Nelle manifestazioni di Edimburgo come a Barcellona c’è solo una bandiera: quella blu con la croce di Sant’Andrea in Scozia, la Senyera, quattro fasce rosso su campo dorato, in Catalunya perché prima di tutto si è catalani o scozzesi.  La Senyera, che fu già vessillo del Regno di Aragona, è tra le più antiche bandiere europee ed è attestata attorno al 1150, anno in cui a Venezia, Doge Domenico Morosini , venivano ratificata la Lex Mercantile mentre Pola, Parenzo, Rovigno, Cittanova e Umago giuravano fedeltà alla Repubblica Serenissima.
Il Consiglio regionale del Veneto il prossimo 17 settembre discuterà sulla possibilità di percorrere una strada non diversa da quella catalana e scozzese, visto che al pari di quelle due nazioni, anche il Veneto vanta una propria precisa identità, una bandiera, una storia. Al pari di Scozia e Catalunya anche il Veneto ha molto da ridire sulla gestione delle risorse prodotte nelle nostre terre e spese dagli stati centrali in maniera a dir poco opinabile.
Guardando a Barcellona e alla partecipazione anche emotiva oltre che adesione culturale del popolo alla Diada vediamo a che risultati si può giungere quando si spezza il giocattolo, altrove purtroppo ben funzionante, del Divide et Impera, antica e modernissima tecnica romana grazie alla quale il Veneto, assieme a Lombardia ed Emilia Romagna, stacca un assegno incredibile intestato allo stato senza ricevere contropartita adeguata. A Barcellona, l’11 settembre, ricordando il passato si guarda al futuro.

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