mercoledì 17 giugno 2015

Venezia, la prima a contrastare la tratta di schiavi

Il Veneto al centro delle critiche del governo per la posizione netta sul traffico di esseri umani e immigrazione senza controlli. Veniamo accusati di demagogia da chi è campione di inerzia e inefficienza. In Veneto la parola schiavo è stata trasformata in quel ciao che è saluto gioioso e i primi a dire no, seppure con qualche distinguo e gioco diplomatico, alla tratta di schiavi furono proprio i Veneziani.
Con la Constitutio del Doge Pietro IV Candiano del giugno 960, stesa con l’ausilio di Bono, patriarca di Aquileia, e dei vescovi lagunari, con la quale veniva ribadito l’antico divieto risalente già a Orso Partecipazio nell’867.
Nella Constitutio  di Pietro Candiano   veniva fatto divieto ai veneti di prestare soldi a greci perché comprassero schiavi mentre  nessun veneto doveva nemmeno osare il trasporto di schiavi   in “terra Graecorum” o  “ultra Polam” e  nessun veneto doveva prendere denaro da greci o da gente “de terra Beneventi”  per trasportare schiavi.  Pesanti le pene: 5 lire d’oro di multa e,   per chi non pagava,   mutilazione, morte, confisca dei beni, scomunica.  Non s’andava sul leggero, insomma, e non c’erano condoni e depenalizzazioni di sorta.
Di secoli ne sono passati da Pietro IV Candiano, ma nel Canale di Sicilia e lungo le rotte che dalla Libia conducono all’Italia la tratta di esseri viventi continua e non si fa nulla per arginarla. Anzi.
Che sia proprio il dicastero destinato alla difesa della sicurezza e  dell’ordine pubblico ad alimentare il disordine e le tensioni sociali, ponendo le basi di una diffusa insicurezza è un paradosso che si materializza giorno dopo giorno.  Le aree del degrado e del sopruso, della brutalità e della violenza incontrollata vanno estendendosi sempre più:  davanti a questo scenario  le verbigerazioni del primo ministro, che gioca con le parole ma non prende rimedi seri, lasciano annichiliti.
Mentre Renzi s’avvita nelle sue affabulazioni, l’Austria del cancelliere socialdemocratico Werner Faymann  respinge alle frontiere italiani gli immigrati e a Ventimiglia la Francia del socialista Nicolas Hollande non è da meno. In Italia la sinistra attacca la Lega e l’accusa di qualunquismo.
Ogni immigrato, sembrano dirci austriaci e francesi e quanti in Europa, ad iniziare dagli Inglesi, stanno assumendo posizioni molto rigide sull’accoglienza di nuovi immigrati, è un problema in più da affrontare e da risolvere.
Tutti sappiamo che l’unica soluzione possibile è, oltre alla chiara distinzione tra rifugiato politico e immigrato,  l’azione nei Paesi di origine dei flussi e sulle sponde nordafricane:  il Guardian il 13 maggio scorso aveva rivelato un piano europeo d’azione complesso, di autentica polizia umanitaria, che avrebbe previsto anche azioni militari di terra per smantellare la rete dei trafficanti di esseri umani. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condizionato il suo assenso a quel piano purché l’operazione fosse condivisa da tutte le fazioni che si contendono il potere il Libia. In pratica l’Onu ha assunto una posizione pilatesca e se ne lava le mani.  Certo, se al posto di ogni migrante ci fosse un barile di petrolio, le grandi potenze sarebbero già intervenute nei Paesi produttori senza chiedere il permesso di nessuno come sono solite fare nelle aree petrolifere e il summit dei potenti del  Bilderberg avrebbe già analizzato la faccenda.   Ma qui ci sono solo poveri cristi e tanti che sulle pelle di questi stanno facendo affari d’oro. E non sempre sono contrabbandieri, o scafisti: il business dell’accoglienza come insegna Mafia Capitale è eccezionale. Ai tempi del doge Pietro IV Candiano avrebbero rischiato molto a violare la legge.  Oggi invece…
Roberto Ciambetti, Lega Nord

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