giovedì 13 giugno 2013

La Kyenge è un perfetto esempio d’integrazione (nella politica italiana)



Arriva a un evento milanese accompagnata da tre auto di scorta che viaggiano contromano e si lamenta della mancanza di fondi per il suo ministero. Si è pienamente inserita nel (mal)costume della classe dirigente. 
Sì, va detto: Cécile Kyenge è un perfetto esempio di integrazione. Lo ha dimostrato, oggi, a Milano dando prova delle caratteristiche tipiche dell’homo italico medio, di vizi e vezzi tipici – in particolare – del mondo politico. Robe da far passare in secondo e in terzo piano il colore della pelle, l’accento marcatamente francofono e il numero di fratelli e sorelle (38) parecchio superiore alla media occidentale. 
A una manifestazione a Villa Clerici dedicata al contrasto al lavoro minorile il ministro dell’Integrazione ci è arrivata con tre auto di scorta, in contromano, scatenando le polemiche di una decina di residenti preoccupati dal fatto che – a pochi metri – si stava tenendo il mercato. Critiche cui ha risposto, seccata, dicendo che «le scelte su spostamenti e sicurezza non le faccio io». Quello di usare una o più auto blu pare essere un vezzo tipico di tutti gli schieramenti politici (Giorgia Meloni, al dicastero della Gioventù, è stata forse l’unica ad avervi rinunciato). Quello di giustificarsi attribuendo la colpa agli altri anche. Quello di andare contromano invece pare tipico dei progressisti de noantri, memori della lezione del governatore ligure Claudio Burlando. 
Poche ore dopo la Kyenge ha proseguito il suo tour milanese visitando il G.Lab, servizio che il Comune di Milano ha ideato per aiutare i figli di immigrati di seconda generazione a ottenere la cittadinanza, partecipare ad eventi culturali e condividere con altre persone lo status di «italiani di fatto ma non ancora di diritto», come recita lo slogan. Insomma l’ennesima trovata della giunta arancione per dare una mano a tutti, italiani a parte: a loro, che tra l’altro pagano le tasse, si tagliano servizi e integrazione alla pensione sociale. La Kyenge, dopo essersi complimentata per l’iniziativa, ha spiegato per sommi capi i progetti che il suo dicastero ha intenzione di portare avanti. E ha cominciato lamentandosi di ciò di cui tutti i ministri, notoriamente, si lagnano: i soldi che mancano. «Ahimè il ministero è senza portafoglio» – ha detto suggerendo che, per portare avanti le politiche di accoglienza e integrazione, prioritarie di fronte a una crisi economica che sta distruggendo la ricchezza degli italiani, servirebbero più risorse economiche. La stessa retorica di Pisapia che, dopo aver creato una voragine da 437 milioni nei conti comunali, se l’è presa col governo che si trattiene una parte dei soldi dell’Imu, come se la cosa non riguardasse tutti i municipi d’Italia. 
Insomma bisogna proprio dire che, per una volta, il commento più intelligente e assolutamente non razzista l’ha fatto Massimiliano Bastoni, consigliere leghista a Palazzo Marino: Come ha sottolineato Massimiliano Bastoni, consigliere comunale leghista a Palazzo Marino: «La signora Kyenge – ha detto – dimostra di avere imparato bene i difetti della nomenclatura politica romana, ossia: arroganza, uso smodato di una triplice scorta armata, dispendio di denaro pubblico». E – aggiungiamo noi – ha appreso bene anche l’arte della retorica. 
di Matteo Borghi (L'Intraprendente)

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