venerdì 21 giugno 2013

Quando la Idem faceva lo spot per Befera, contro gli evasori, per il "Bene Comune"



Nel 2010 Josefa celebrò i migliori uomini del fisco: "Le imposte servono al bene comune..." 
Eppure la relazione pubblica tra Josefa Idem e il fisco italiano era iniziata nel migliore dei modi. Era il 16 dicembre del 2010. Mancava la musica di sottofondo giusta, un Vangelis d’annata tipo «Momenti di Gloria» o «Conquest of Paradise», ma il resto dell’atmosfera epico-motivazionale c’era tutto. Cerimonia annuale con Attilio Befera e il resto dei vertici dell’Agenzia delle Entrate schierati accanto a Gianni Petrucci, presidente del Coni. Guest star, la campionessa della canoa e il nuotatore Massimiliano Rosolino. I due olimpionici erano lì (non pagati, ci tengono a far sapere dall’Agenzia, e ci mancherebbe pure) per premiare i sette migliori funzionari del fisco (per la serie: i veri campioni siete voi).
Sul palco, da perfetta madrina dell’anti-evasione, la Idem faceva il sermoncino ai furbetti e lisciava il pelo ai mastini di Befera: «A chi pensa che delle tasse si possa fare a meno, occorre ricordare che il vostro lavoro è fondamentale per il bene comune, che sono scuole, strade, edifici pubblici». Sorridente, consegnava la targa al primo classificato per la categoria «Controllo e contenzioso». Applausi.
L’argomento doveva averla appassionata, perché ci sarebbe tornata nel gennaio del 2012. Si parlava dell’evento sportivo dell’anno, le olimpiadi di Londra, e come accade in certi casi la faceva da padrona la metafora agonistico-politica: l’Italia ce la farà? La Idem non aveva dubbi: «L’Italia ha una ricchezza privata che gli altri non hanno. Tutti i risparmi privati che abbiamo, magari anche perché qualcuno non paga le tasse, sono una bella rete di sicurezza». Teutonicamente ineccepibile: se uno non paga le tasse ha più soldi e quindi è più ricco. Era già pronta per fare il ministro. 
Forte di questa preparazione, ha fatto della serietà fiscale uno dei propri tormentoni elettorali. A dicembre, quando la candidatura nelle liste del Pd era nell’aria, la Merkel della canoa illustrava ai lettori dell’Unità cosa significa essere rigorosi: «Le regole delle primarie bisogna solo rispettarle, anche se non ti piacciono. È come pagare le tasse: a nessuno piace farlo, ma va fatto». Un cronista del Resto del Carlino provò a coglierla in castagna, quando si seppe che sarebbe stata capolista al Senato: «Le chiederanno cosa pensa dell’Imu, della pressione fiscale…». Lei, senza scomporsi: «E io le rispondo così: è giusto che tutti paghino le tasse, però bisogna tener conto dei livelli di reddito. A chi ha poco non si può chiedere quanto si chiede a chi ha tanto».
Equa e solidale. Come quando, a pochi giorni dal voto, difendeva l’Imu sullo stesso quotidiano: «È stata necessaria, e proporre di abolirla e addirittura rimborsare è pura retorica priva di qualsiasi senso della realtà» (Berlusconi, tiè). «Io ho una casa di proprietà e una assieme a mio marito. Ho pagato 1.200 euro di Imu», declamava con l’orgoglio del contribuente felice di fare il proprio dovere. A domanda diretta rispondeva che il reddito indicato nella sua ultima dichiarazione era stato di 170.342 euro.
In realtà la casa di proprietà è risultata essere una palestra e l’importo dell’Imu non è stato proprio quello dovuto. Per non parlare dell’Ici: lei e il marito, si apprende dalla relazione del Comune di Ravenna, «hanno considerato abitazione principale sia quella in carraia Bezzi che quella in argine destro Lamone», e quindi «non hanno corrisposto l’Ici per gli anni dal 2008 al 2011, fruendo dell’esenzione prevista dalla legge».
«Profili di irregolarità», li chiama lei. Dei quali non poteva essere al corrente, essendo stata «per lunghi periodi lontana da casa», ha spiegato dopo che la vicenda è uscita sui giornali e lei è stata costretta a ricorrere al ravvedimento operoso. Intanto il povero Enrico Letta, per difenderla, è finito sulla graticola. E chissà se quelli dell’Agenzia delle Entrate la inviteranno ancora alla loro premiazione annuale. Col senno di poi, si sono visti testimonial più credibili.
di Fausto Carioti (Libero)

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