lunedì 11 novembre 2013

La crisi ha divorato 400.000 partite Iva, aiutata dalla Fornero

Meno 400mila dall’inizio della crisi del 2008 ad oggi. È questo il risultato di uno studio della Cgia di Mestre sulle partite Iva che rende noto come oltre 7 lavoratori autonomi su 100 abbiano dovuto chiudere, per colpa di crisi e tasse, la propria attività.
Un vero e proprio bollettino di guerra che deve far preoccupare per due ragioni. La prima è che diventare una partita Iva è il sistema più semplice (in quanto meno oneroso per l’azienda) di trovare lavoro. Dunque, se il calo è tanto drastico, vuol dire che la situazione economica del Paese è davvero drammatica. In secondo luogo l’occupazione a partita Iva è l’unica che non gode di alcuna forma di tutela. Di conseguenza chi non trova più lavoro come partita Iva rischia davvero di cadere in povertà, necessitando quindi dell’appoggio dei servizi sociali. Come ha sottolineato il direttore della Cgia Giuseppe Bortolussi: «Tranne i collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione, di nessuna forma di cassa integrazione o di mobilità lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare».
Una situazione critica, che può addirittura diventare drammatica, spingendo qualcuno a compiere gesti estremi. «In proporzione – ha aggiunto Bortolussi – la crisi ha colpito in maniera più evidente il mondo delle partite Iva rispetto a quello del lavoro dipendente. Se in termini assoluti la platea dei subordinati ha perso ben 583.000 lavoratori, la variazione percentuale, invece, è diminuita solo del 3,3 per cento, mentre l’incidenza percentuale della perdita dei posti di lavoro sul totale della categoria si è fermata al 3,5 per cento. Tassi, questi ultimi, che sono meno della metà di quelli registrati dai lavoratori indipendenti». Ovvero, come abbiamo detto, il 7% con punte del 9,9% per commercianti, artigiani e agricoltori, del 12% per i collaboratori occasionali e addirittura del 19,4% per quelli familiari.
Il motivo è presto detto: la già storicamente rigida legislazione sul lavoro dipendente, aggravata dalla riforma Fornero, congela i contratti e blocca i licenziamenti. Il che è un bene solo apparente. Già, perché l’azienda con meno commesse ed introiti – potendo agire poco o nulla sui dipendenti interni – è costretta a risparmiare sui contratti esterni e flessibili come le partite Iva: un sistema che penalizza chi è già meno tutelato.
Una prassi tutta italiana in cui hanno una gran responsabilità i sindacati che, propugnando l’idea irrealistica secondo cui l’azienda deve garantire condizioni sempre migliori ai suoi lavoratori indipendente dalla situazione economica in cui si trova, non fanno altro che scavare un solco sempre più profondo fra ipertutelati e senza rete. Appunto i più deboli.
di Matteo Borghi (L'Intraprendente)

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