giovedì 21 novembre 2013

La figuraccia del Pd. Voleva la testa del ministro alla fine invece lo ha salvato

Il partito si piega al diktat di Letta (e Napolitano) e vota compatto contro la sfiducia. E Renzi, che tanto si era speso contro il Guardasigilli, finisce ko.
Chi esce con le ossa rotte dal nuovo round sul Guardasigilli sembra quindi proprio il Pd, già alle prese con una lacerante - anche se ormai già ampiamente decisa negli esiti - corsa alla segreteria, e ora schiacciato anche dal diktat di Letta, sostenuto e alimentato da Napolitano: sfiducia alla Cancellieri significa sfiducia a me e al mio governo.
E a niente sono valsi i tentativi dei candidati alla segreteria di fare a gara a mostrarsi più intransigenti sul chiacchierato ministro e sinceramente stanchi del governo delle larghe intese. La paura di azzoppare un esecutivo  che si regge su una maggioranza così fluida e trovarsi di fronte a un rimpasto che avrebbe comportato morti e feriti ha prevalso su tutto.
Il primo a prendersela in saccoccia è stato  Matteo Renzi, la cui opera di logoramento del governo Letta segna un altro stop. Anche se forse è una sconfitta solo apparente, visto che, in parte, la vicenda ha mostrato quanto sia “innaturale”, e quindi criticabile, un esecutivo guidato da un premier di centrosinistra costretto a fare da scudo a un ministro voluto dal centrodestra e irrimediabilmente compromesso (le telefonate questo lo dicono chiaramente) con l’impresentabile Salvatore Ligresti e la sua famiglia. E la pubblicazione, subito dopo il voto, della deposizione di don Salvatore che parla apertamente di aiuti alla Cancellieri tramite Silvio Berlusconi, non fanno che rafforzare questa tesi.
Del resto, ha rimediato una brutta figura anche il segretario Guglielmo Epifani, costretto a un’acrobazia quasi comica: ha chiesto in Aula che il ministro conceda a «chiunque di poterle fare una telefonata e avere una risposta ai propri problemi». Una richiesta che il ministro ha “parato” ipotizzando l’istituzione, altrettanto comica, di un numero verde per i detenuti.
Al numero uno democratico non è restato che prendersela con i grillini, che hanno presentato la mozione di sfiducia e animato l’Aula con una rumorosa protesta: «Vedo un uso del populismo molto sgangherato, ma vorrei ricordare al Movimento 5 Stelle è che a furia di urlare e mettere cartelli si finisce per non prendere neanche un voto».
Le cattive notizie per il Pd non sono poi finite in Aula, visto che da Salerno è arrivato un avviso di garanzia per Vincenzo De Luca, sindaco della città campana e viceministro ai Trasporti. Il provvedimento della Procura salernitana ha coinvolto, oltre De Luca, altre 30 persone, e riguarda la variante al Piano Urbanistico adottata il 16 marzo 2009 che consentiva l’acquisizione delle aree demaniali per la costruzione del “Crescent”, l’imponente edificio sul lungomare della città campana, il cui cantiere è stato messo sotto sequestro.
Il ministro Cancellieri ha salvato il posto ma il Pd rischia di andare in pezzi. Il voto del gruppo democratico alla Camera sulla fiducia al ministro è stato infatti granitico ma le spaccature interne sono arrivate a un punto critico. Con addirittura un candidato alla segreteria, Pippo Civati, che dà dello «stronzo» a un rivale, Gianni Cuperlo.
Luca Tavecchio (La Padania)

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