martedì 19 agosto 2014

La libertà d’espressione vale anche per i veneti (vero Matteo?)

Per il governo le due consultazioni approvate dalla Regione, su statuto speciale e indipendenza, sono incostituzionali. Delle due l'una: o hanno torto, oppure cosa aspettano a riformare una Costituzione che nega il libero pensiero? E' in ballo qualcosa in più del numero dei parlamentari...
Negli scorsi giorni il Consiglio dei ministri ha preso in esame due leggi recentemente approvate a larga maggioranza dal Consiglio regionale del Veneto. Entrambe intendono convocare gli elettori alle urne: la prima per chiedere loro il sostegno al progetto di fare anche del Veneto una regione a statuto speciale (come il Friuli Venezia Giulia o la Sardegna, per fare due esempi) e la seconda per chiedere loro se sarebbe oppure no favorevoli alla compiuta indipendenza. In questo secondo caso si tratterebbe di un referendum di carattere consultivo, ma con un peso politico assai rilevante.
Per il governo attuale queste due leggi sarebbero in contrasto con la Costituzione e questa loro tesi va considerata con attenzione. Per moltissimi studiosi di diritto, è assurdo sostenere che un referendum mirante all’autonomia o anche all’indipendenza possa essere considerato illegittimo. Le ragioni sono di varia natura, ma per quanto riguarda la più discussa delle due leggi (quella che introduce un referendum consultivo sull’indipendenza) appare del tutto evidente che in una società libera non si capisce come sia possibile impedire la libera espressione del pensiero. In secondo luogo, non solo il referendum consultivo è legittimo, ma lo è la stessa secessione, dal momento che si basa su un diritto che si pone al di sopra delle costituzioni.
Quelle due leggi non possono essere bloccate e la nostra costituzione – se letta con attenzione – non ha certo un carattere talmente liberticida da legittimare chi ritiene che essere debbano essere abrogate d’autorità. Anche se sotto vari aspetti è in contrasto con i principi fondamentali di una società libera, la Costituzione repubblicana non arriva a negare la libera manifestazione del pensiero. Se così fosse – come sostiene il governo Renzi – è chiaro che sarebbe fondamentale fare qualcosa. Ben prima che operare una risibile modifica del Senato si dovrebbe intervenire su questo punto. Se la Costituzione italiana impedisce alla comunità dei veneti di esprimersi sulle loro aspirazioni, è chiaro che si tratta di un testo liberticida che va immediatamente trasformato. La libertà di pensiero e la  facoltà delle popolazioni ad autodeterminarsi sono diritti fondamentali e quindi hanno un rilievo assai superiore a ogni riduzione del numero dei parlamentari e a ogni superamento del bicameralismo perfetto. Matteo Renzi è figlio di un mondo politico basato sullo scambio di favori, sul compromesso tra gruppi di interesse, sulla gestione degli apparati pubblici e sulla gestione politica della spesa. È chiaro che nella sua visione delle cose non c’è spazio per la protezione delle libertà cruciali. Non è sorprendente, insomma, se si è impegnato direttamente a bloccare il processo di libera espressione e di libera autodeterminazione dei veneti.
Quanti gli hanno dato il voto alle ultime elezioni, però, ora sono costretti a constatare come dietro a una retorica genericamente efficientista non vi siano principi, non vi siano valori, non sia alcuna intenzione di tutelare le libertà fondamentali. E una società in cui il potere si dilata e lo spazio dei singoli e delle comunità si riduce sempre più è fatalmente una società senza futuro.
di Carlo Lottieri (Intraprendente)

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