martedì 10 dicembre 2013

“Incompatibili” con l’economia saranno le vostre tasse

Befera esterna: «L'evasione fiscale è incompatibile con la democrazia». Saccomanni a rinforzo: «Alimenta la corruzione». Carissimi burocrati di Stato, e se fossero la pressione fiscale insostenibile e la spesa pubblica elefantiaca, il problema?
Il responsabile della tassazione e il responsabile della esazione, ovvero il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni e il direttore dell’Agenzia delle Entrate e presidente di Equitalia Attilio Befera, hanno sferrato un attacco frontale all’evasione fiscale. «C’è bisogno di dire una parola forte e certa – ha detto Attilio Befera – di affermare che l’elusione e l’evasione fiscale non sono compatibili con la nostra economia e con nessun sistema veramente democratico». E poi ancora: «Il rafforzamento della lotta contro la frode fiscale e l’evasione fiscale è non solo una questione di entrate, ma anche di equità sociale». Il ministro Saccomanni ha dichiarato che «l’evasione fiscale è sinergica alla corruzione, all’illegalità e alla criminalità organizzata, che pregiudicano il buon funzionamento dell’economia» ed inoltre ha «effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse e interferisce con il corretto funzionamento della concorrenza nel mercato».
Non vorremmo fare la parte di quelli che difendono chi non paga le tasse, ma la retorica sull’evasione fiscale sta diventando eccessiva, come se i problemi della nostra economica derivino dal fatto che lo Stato non abbia risorse a sufficienza, quando in realtà l’erario recupera l’evasione aumentando le tasse sui contribuenti che le pagano regolarmente. L’unica cosa concreta e intelligente che a riguardo Befera e Saccomanni avrebbero potuto dire è che da oggi in poi lo Stato non toccherà più un euro dei soldi recuperati dall’evasione e che, appunto, ogni euro recuperato andrà automaticamente a ridurre le tasse di chi le paga tutte. Invece succede che ogni anno Befera attraverso Age ed Equitalia recupera oltre 12 miliardi di euro di evasione e Saccomanni (o chi per lui negli anni precedenti) non solo non riduce di pari importo le tasse, ma addirittura le aumenta per alimentare una spesa pubblica intoccabile ed ormai fuori controllo.
Se, come dice Befera, l’evasione non è compatibile con la crescita economica e la democrazia, c’è da dire che ancor di meno lo sono questo livello di pressione fiscale e i metodi di esazione che nel corso degli anni hanno fatto carta straccia dello statuto del contribuente. E con una pressione fiscale così elevata ulteriori poteri di controllo e intromissione nella privacy serviranno a rendere più difficile l’attività economica e la produzione della ricchezza, ma non ad eliminare definitivamente l’evasione. Senza voler fare similitudini azzardate con modelli economici e protagonisti molto distanti dai nostri, basta ricordare a che in Unione Sovietica il mercato nero esisteva già a partire dal 1918 e nemmeno le fucilazioni (altro che pignoramenti) riuscivano a eliminare quell’economia frutto dell’evasione che paradossalmente ha prolungato la vita dell’Impero comunista. Quanto alle osservazioni di Saccomanni si potrebbe tranquillamente sostituire la parola “spesa pubblica” alla parola “evasione” e nessuno avrebbe nulla da ridire: «La spesa pubblica è sinergica alla corruzione, all’illegalità e alla criminalità organizzata, che pregiudicano il buon funzionamento dell’economia». Non c’è bisogno di scomodare papelli e patti tra Stato e mafia per comprendere che la criminalità organizzata attinga gran parte delle proprie risorse dalla spesa pubblica di comuni, province, regioni e Stato centrale: appalti, formazione, concessioni, sussidi e incentivi. Per un fatto semplicemente operativo è più semplice per la criminalità eleggere un sindaco, assessore o parlamentare e farsi assegnare un appalto milionario ad hoc piuttosto che estorcere il pizzo a migliaia di cittadini. Ed anche sul tema della concorrenza il ministro dice solo una parte della verità: è vero che l’evasione falsa la concorrenza tra aziende che dovrebbero pagare la stessa quantità di tasse, ma in un mercato globale il peso più grande sulla competitività delle nostre imprese è proprio la pressione fiscale molto più elevata che nei paesi concorrenti.
Insomma ci sarebbe piaciuto che sul tema dell’evasione fiscale Befera e Saccomanni avessero fatto un altro discorso che fa più o meno così: “Non serve recuperare l’evasione fiscale se non contemporaneamente non diminuiamo le tasse. Proponiamo quindi un patto ai contribuenti italiani: per ogni euro recuperato dall’evasione fiscale lo Stato taglierà un euro di spesa pubblica e il totale andrà a ridurre la pressione fiscale”. Con le cifre attuali sarebbero circa 25 miliardi di tasse in meno, si potrebbe eliminare l’Irap sul settore privato e tagliare di 12 punti il cuneo fiscale. Se le istituzioni non propongono un patto del genere vuol dire che il loro vero obiettivo non è la riduzione dell’evasione fiscale ma la ricerca ulteriori risorse per alimentare la spesa pubblica.
di Luciano Capone (L'Intraprendente)

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