lunedì 7 aprile 2014

Il Veneto e il suo diritto ad essere popolo e nazione d'Europa


Non è solo colpa della crisi economica o degli errori macroscopici commessi dallo stato italiano e avallati da una classe burocratica inadeguata: il processo in atto in Veneto è uno degli aspetti della più vasta riorganizzazione socio-politico-economica imposta dalla globalizzazione e accelerata dalla crisi economica.
Questo processo va inserito nel più vasto scenario che vede in questi anni in Europa l’affermazione dell’anima indipendentista e/o autonomista di realtà come la Scozia, la Catalunya, le Fiandre, mentre il problema non tocca realtà statali federaliste, quali Germania o Austria. Possiamo dire che il sentimento indipendentista e/o autonomista – i due concetti non sono sovrapponibili - sono una risposta alla crisi dello stato-nazione nato nell’Ottocento che oggi dimostra la sua inadeguatezza.
Quanto sta accadendo in Veneto è uno dei segni del glocalismo: “Think global, act local”, pensare globalmente e agire localmente, senza mai perdere di vista esigenze, bisogni, caratteristiche del “micro”, il locale, nei suoi rapporto e relazioni con il “macro”, il mondo globale.
Ma questi fenomeni sono incompresi in Italia o non se ne parla. Così, mentre la stampa estera guardava con attenzione a quanto stava accadendo in Veneto sul tema Indipendenza, individuando in Luca Zaia l’interlocutore privilegiato, in Italia ci si è resi conto che stava accadendo qualcosa con grande ritardo, né più, né meno, di quanto accaduto a suo tempo con l’alluvione nel Vicentino. Sottolineato questo parallelo perché esso dà la misura reale della supponenza del sistema Italia nei confronti del Veneto.
Il Veneto, in altre parole, non esiste per la classe dirigente e per larga parte dell’opinione pubblica italiana. Per capire l’assurdità di questa situazione, che si riflette nelle politiche punitive statali contro i veneti, basti pensare che questa Regione produce un flusso fiscale di 72.942 milioni, riceve servizi dalla Pubblica amministrazione per 51,838 milioni con un saldo negativo di 21.204 milioni e dunque un residuo fiscale per cittadino di circa 4,274 €. Il residuo fiscale veneto è pari al 10.3% del Pil regionale e per comprendere l’abnormità di questo dato basti pensare che in Catalunya il residuo fiscale è dell’8,1 % del Pil, nel Sud-Est Inghilterra, Londra compresa, del 6.7%, nel Baden Wűttemberg e nell’Ille de France del 4,4%, e infine in Baviera del 3.5 %.
Da un punto di vista economico è evidente che il Veneto è penalizzato visto che qui lo stato preleva senza investire. Ma è anche evidente che altrove nessuno attuerebbe politiche punitive nei confronti di chi produce ricchezza. Come abbiamo visto con il dato tedesco della Baviera o del Baden Wűttemberg si cercherà una soluzione equa: in Italia, invece, non solo si fa l’esatto opposto, ma si veicola nell’immaginario collettivo l’idea di un Veneto egoista, evasore fiscale, rozzo, xenofobo e beota; le parodie, last but not least quella di Crozza inutilmente greve sull’Indipendenza veneta, ricalcano proprio questi stereotipi.
A poco servono dati certi: il Veneto “xenofobo” registra i maggiori tassi di integrazione e soddisfazione degli immigrati stranieri, le sue Università sono ai vertici nazionali e per quanto riguarda l’evasione fiscale, le statistiche ufficiali stimano nella nostra regione un tasso di infedeltà del 10,93 % contro una media nazionale del 38%, in Campania del 50%.
Negli ultimi anni più volte lo stato, con documenti ufficiali facilmente consultabili, si era impegnato a rivedere la sua politica predatoria nei confronti delle regioni produttive e a modificare la redistribuzione di risorse, ma alle promesse e agli impegni non è mai seguito un atto concreto. Da noi lo stato continua a prelevare senza dare, anzi, penalizzandoci sempre più: per la legge di Stabilità 2014 la Regione potrà spendere per cittadino solo 312 € contro una media nazionale di 384 €.
Volete altri dati di norma trascurati? Il costo medio annuo per abitante di un Carabiniere in Italia è di 109 € per abitante, ma si passa dai 69€ del Veneto, ai 164 € della Sardegna, ai 176 del Molise, ai 150 della Calabria. Difficile capire perché il costo medio della Prefettura, roccaforte dello stato, per cittadino a Vicenza sia di 5,36 € a Isernia 42,44€ con una media nazionale di circa 10 €. A Vicenza persino la Prefettura costa la metà. Rispetto alla Sicilia, invece, è il costo della vita da noi ad essere doppio: il Veneto con 2.903 € al mese si posiziona al secondo posto dopo la Lombardia (3.033) per la spesa più alta; in Sicilia, ultima nella classifica, 1.637€.
La miscela che si è innescata in Veneto è esplosiva: da una parte il bisogno della riorganizzazione in chiave glocale delle Istituzioni, dall’altra la stupidità di atteggiamenti statali vessatori conditi da stereotipi e supponenza; in mezzo cittadini stritolati da tasse e una Regione che per secoli fu stato e nazione, una Regione che non solo ha una grande storia ma la cui storia è parte integrante della memoria e cultura di interi popoli e stati, dal Afghanistan fino a Venezuela.
Così non sorprende se la Lega in Veneto, dal più tiepido dei militanti fino al presidente Luca Zaia, non solo ha sostenuto le ragioni di un Referendum da tenere con tutti i crismi né più né meno di quanto si farà in Scozia e si vuol fare in Catalunya ma ha chiaramente detto in questi giorni che sottovalutare il malessere del Veneto è un grave errore. Un errore che potrebbe essere corretto in maniera molto semplice, affidando al Veneto, la stessa totale autonomia fiscale e in larga parte legislativa garantita oggi al Trentino Alto Adige, come suggerisce il professor Antonini, presidente della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.
Il futuro? Per quanto mi riguarda mi batterò sempre per il Veneto e il suo diritto ad essere popolo e nazione d’Europa. E sono sicuro che non sarò solo: saremo sempre di più.

di Roberto Ciambetti 

Nessun commento:

Posta un commento