venerdì 11 aprile 2014

Le quote rosa di Renzi. Da rottamare

La decisione di Matteo Renzi di avere cinque donne capolista alle elezioni europee ha senz’altro dalla sua buone ragioni politiche e ottime ragioni propagandistiche, ma denuncia un ritardo culturale tanto più sorprendente se confrontato con altre scelte renziane, meno politicamente corrette e proprio per questo assai più incisive e significative. «Credo sia la migliore risposta a chi mi ha accusato di scarsa sensibilità sul tema», ha spiegato il premier. Sarà pure una risposta alla palude, che ha strumentalmente usato la questione di genere per boicottare e rallentare la riforma elettorale, ma è una risposta sbagliata: perché figlia di quella stessa cultura politica paludata che Renzi ha promesso di spazzare via.
Il punto è molto semplice: le donne devono per forza essere promosse dagli uomini (con le quote rose, la preferenza di genere, le capolistature e quant’altro la fantasia paritaria ha partorito in questi anni), oppure devono – perché ne sono in grado – promuoversi da sole? Ci dev’essere per forza un maschio – il segretario del partito, il padre, il marito, il prete – a concedere quote di potere alle donne, secondo criteri che inesorabilmente premiano la fedeltà, oppure ogni donna conquista il potere con i propri mezzi (inclusa naturalmente l’amicizia con un uomo) esattamente come fanno i maschi? E infine: una donna deve essere scelta in quanto donna, cioè in obbedienza ad un criterio puramente biologico, oppure per i suoi meriti? La prima ipotesi non esclude naturalmente l’altra, ma il dubbio è costitutivo e sottintende, in ultima analisi, un uso strumentale e decorativo della presenza femminile. Fino a che le donne saranno scelte “in quanto donne”, varranno meno come persone.
È vero: un partito che promuove le donne è un partito moderno, al passo coi tempi, dinamico. Renzi tiene molto, com’è ovvio, a questa immagine, e non è escluso che abbia usato la carta rosa non soltanto per conquistare consensi nell’elettorato femminile in fuga da Berlusconi, ma anche per chiudere qualche conto interno e liquidare qualche boiardo. La politica ha le sue regole, e Renzi le conosce tutte. Tuttavia, anche da questo punto di vista la strumentalità della scelta dovrebbe far riflettere, prima di tutto, le donne del Pd. Paradossalmente, la loro crescita numerica e di peso politico s’è accompagnata al sostanziale venir meno di ogni elaborazione teorica. Le donne del Pd hanno semplicemente smesso di riflettere sulla condizione femminile, sufficientemente soddisfatte dalla politica delle quote. Che tuttavia – e questo è un punto essenziale – a loro pare una meritata e meritoria conquista, mentre alle giovani e giovanissime suona come un’offesa al merito e alla persona.
di Fabrizio Rotondino (Intraprendente)

Nessun commento:

Posta un commento