venerdì 17 gennaio 2014

C’è un piano Renzi-Letta per liberarsi della Kyenge

L’altissima tensione tra Matteo Renzi ed Enrico Letta generata dai continui attacchi (pubblici) del segretario democratico sta alimentando, con maggiore forza, anche la possibilità di un rimpasto nel governo. Il sindaco di Firenze ha dichiarato che non sarà lui a chiedere «passi indietro» ai responsabili dell’esecutivo, compito questo, che spetta al presidente del Consiglio.
I nomi sotto esame sono ormai conosciuti: Fabrizio Saccomanni (ministro dell’Economia e delle Finanze), Annamaria Cancellieri (ministro della Giustizia), Flavio Zanonato (ministro dello Sviluppo economico), la stessa Nunzia De Girolamo (ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) per le note vicende, Enrico Giovannini (ministro del Lavoro e delle Politiche sociali) e Maria Chiara Carrozza (ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).
La sorpresa potrebbe, invece, giungere da chi attualmente occupa il dicastero dell’integrazione: la ministra Cécile Kyenge. Rumors romani indicano la politica di origini congolesi come “autorevole” candidata (ovviamente in quota Pd) per un posto alle prossime elezioni europee. Un’idea, pare, stimolata anche dal continuo scontro con i nuovi vertici della Lega Nord. Si tratterebbe di una sorta di barriera che il maggior partito della sinistra italiana avrebbe deciso di erigere per contrastare la scelta dei verdi padani di schierarsi con il cartello delle destre europee. Una volontà, dunque politica, di portare oltre i confini nazionali le istanze “maturate” in questi 10 mesi di governo a favore dell’immigrazione.
La vicenda, però, potrebbe nascondere altre verità. La poca operatività della signora Cécile, i risultati praticamente nulli di un ministero “strumentale” sino dalla scelta del nome, la querelle di polemiche di varia natura non ultima quella legata alle famiglie adottive bloccate in Congo, avrebbero convinto i vertici Pd (e anche il premier Letta) a trovare una nuova collocazione alla Kyenge. Un’operazione tattica e maliziosa tesa a scardinare i malumori (anche interni) rispetto alla povertà dei risultati prodotti.
Come dicevano i latini Promoveatur ut amoveatur, promosso per essere rimosso.
di Carlo Cattaneo (Intraprendente)

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