lunedì 13 gennaio 2014

La sinistra marziana che mistifica la realtà

Dalla tangentopoli abruzzese alle figuracce di democratici e alfaniani.
«Contro di me si è messa in moto la macchina del fango». Tempo qualche ora ed è spuntata anche per Massimo Cialente, sindaco dell'Aquila travolta dalle mazzette (presunte), l'infallibile alibi della «macchina del fango». 
Riassunto: otto persone finiscono indagate, quattro agli arresti, nei guai anche il vicesindaco del capoluogo abruzzese Roberto Riga, fedelissimo di Cialente, nell'ambito dell'inchiesta «Do ut des» sulle tangenti del dopo terremoto a L'Aquila. Si scoprono particolari raccapriccianti, tra cui un'intercettazione dove l'ex assessore alle Opere pubbliche della giunta Cialente dice al telefono con un amico architetto: «Il terremoto è un colpo di culo, se non fai i soldi mo'...». Persone, uffici, linee di comando che il sindaco non poteva ignorare se non colpevolmente, come responsabile del governo cittadino. Al quadretto si aggiunge poi la vicenda scoperta dal Tempo. La cognata del sindaco Cialente aveva comprato una casa nel 2004 per 180 mila euro, e dopo il terremoto ha ottenuto un rimborso di 547mila euro, quasi il triplo. Cialente (non indagato) dopo qualche giorno di resistenza si dimette, ma per colpa di chi soprattutto? Della «macchina del fango». I giornali vicini al centrosinistra, peraltro, raccontano la vicenda senza attribuire lo scandalo ad una parte politica, in questo caso una cricca legata al centrosinistra locale (non solo Pd, anche Udeur e Api). Repubblica gli dedica una pagina intera senza citare il Pd e punta i riflettori su altro: «Le casette promesse da Berlusconi sono costate il 158 per cento in più del prezzo di mercato». E come per magia il colpevole (o almeno indiziato) sparisce.
In altri casi l'appartenenza politica conta, e viene evidenziata, anche quando è temporalmente scaduta. Come in quello della De Girolamo, ministra lettiana (quota Ncd) dell'Agricoltura, finita sotto tiro per la vicenda degli appalti all'Asl di Benevento e le sue pressioni per un intervento coi vertici dell'Asl, rivelato da una registrazione abusiva. Dopo qualche giorno di affinamento in botte la vicenda è deflagrata sui giornali, con dovizia di turpiloquio, quello della De Girolamo nella conversazione domestica rubata da un manager (indagato) per vendetta («Mandagli i controlli e vaffanculo!») e l'sms a Mastella: «Sei una merda». Guerre di potere, sconfinamenti impropri (specie al Sud) della politica in campi dove dovrebbe tenersi a debita distanza, come la sanità. Repubblica però in questa vicenda ci legge «la prova definitiva» di un'altra verità: che «la bellezza berlusconiana è sempre stata una menzogna». L'origine di tutti i mali. Colpa d'altri anche per Alessia Morani, la sottosegretaria renziana alla Giustizia, fattasi notare per una caviglia tatuata molto aggressive e, a Ballarò, per un eloquio non proprio sciolto. Libero ha fatto notare la performance dialettica non eccezionale della Morani, riportando ampi stralci della sua ospitata già ribattezzata su internet «la supercazzola della Morani»: «Io credo che questo anno incredibile bisogna metterci un punto e il Pd di Renzi vuole mettere un punto a questa prassi di incertezza, di confusione, di sfiducia (...). Il timing che abbiamo dato, serrato, che qualcuno lo vive in maniera se volete anche sbagliata pensando che questo nostro pressing sulla maggioranza possa essere un pressing che voglia metterla in difficoltà è tutto il contrario». Il Corriere la interpella e lei spiega che non era poco chiara, è che la dipingono così: «Noi renziani dobbiamo abituarci ai giornalisti di parte, di destra, pagati per infangarci, per demolire subito il nuovo che nasce, che cresce». La macchina della supercazzola.
di Paolo Bracalini (Giornale)

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