sabato 28 marzo 2015

Ladylike Alessandra Moretti in tv: sorrisini, spocchia e bugie della renziana perfetta

Le chiedi degli indagati al governo? Lei risponde parlando dell’ufficio anticorruzione del Veneto. Le chiedi del record delle imposte sulla casa? Lei risponde parlando dello spread. Le chiedi dell’Imu agricola? Lei risponde parlando delle quote latte. Ogni tanto ci infila dentro qualche dichiarazione spiazzante, come quando in mezzo al dibattito sulle pensioni esclama: «Non è vero che gli imprenditori si divertono a licenziare», che è un po’ come se uno in mezzo alla foresta equatoriale si mettesse a gridare: «Non è vero che i pinguini sono rossi». Verità indiscutibile, per l’amor del Cielo, solo appena un filo fuori contesto. Quando proprio non sa come svicolare dalle domande ricorre alle paroline magiche che evidentemente le hanno fatto imparare a memoria: «macchina del fango» (anche nella versione civettuola: «macchinetta del fango»), «linee guida», «questo governo», «80 euro», «le cose fatte». E soprattutto «Cantone». Dovete sentirla con quanto gusto pronuncia il nome del magistrato, pensando così di salvare il resto della sua esibizione: un Cantone per mille cantonate.
Se non avete assistito allo show di Alessandra Moretti l’altra sera da Floris su La7, beh, avete perso l’occasione di vedere all’opera il concentrato del renzismo sottovuoto spinto, paradigma perfetto di come il premier intende trattare gli italiani, cioè da citrulli cui puoi raccontare che gli elefanti volano, le tasse si abbassano, i sottosegretari si nominano da soli, le monete crescono sugli alberi e i ministri si dimettono senza che il premier nemmeno lo sappia. Manuale in tre regole per farci fessi: basta mostrare una bella faccia, sparare balle impunemente e deviare sempre il discorso da un’altra parte per non dover mai rispondere nel merito. Bugia e sorrisetto, renzista perfetto.
Se aveste avuto mezz’ora da dedicare alla trasmissione tv avreste avuta piena consapevolezza di ciò. Alessandra Moretti, già portavoce di Bersani convertitasi al renzismo dopo un breve passaggio nel cuperlismo, è uno dei migliori prodotti della batteria Pd per i salotti tv. Per esempio, quando dice cose false è insuperabile: «Il premier Renzi non ha mai chiesto a Lupi di dimettersi», oppure «La pressione fiscale è diminuita», oppure «Abbiamo tolto l’Imu sui terreni agricoli». Sa benissimo che niente di tutto ciò è vero, sa benissimo che il premier Renzi ha fatto il diavolo a quattro per ottenere le dimissioni di Lupi, che la pressione fiscale non diminuisce (dati del Documento di programmazione economica e finanziaria del suo governo) e che l’Imu agricola l’hanno messa, non tolta (l’unica cosa è che, in extremis, hanno aumentato il numero dei Comuni esentati, ma c’è una bella differenza tra aumentare le esenzioni e togliere una tassa…). Ma i dati di fatto non importano: con quella bella frangetta, due complimenti («Ah Giordano, com’è bravo lei, leggerò il suo libro») e una smorfia sarebbe in grado di dire che il Veneto confina con Calabria e Molise. «Guardi Moretti, che non è vero…». «Ma noi abbiamo nominato Cantone…».
È meravigliosa in questo suo vagare lungo i confini della logica, spesso oltrepassandoli. La coerenza, si capisce, è un optional assai meno utile dei suoi orecchini. Per esempio dice per tutta la sera che le questioni per cui Lupi si è dimesso sono politiche, che non si può dipendere dalla magistratura, un conto sono gli avvisi di garanzia un conto è la sensibilità istituzionale di chi ricopre incarichi pubblici e ha ricevuto favori da persone che possono trarre da lui vantaggio. Poi quando Giorgia Meloni le chiede perché Renzi quand’era sindaco (incarico pubblico) e ha ricevuto favori (la casa) da chi poteva trarre da lui vantaggio (Marco Carrai), non ha mostrato la stessa sensibilità istituzionale, risponde: «Ma la magistratura non ha avuto nulla da dire…». Ma come? La magistratura? Quindi dobbiamo dipendere dalle toghe? Oppure no? Insomma: per giudicare sconveniente il comportamento di un politico dobbiamo aspettare gli avvisi di garanzia o no? Che ne pensi davvero, Moretti?
Lei, ovviamente, non risponde. Se uno prova a insistere lei si spazientisce. «Oh, insomma, sempre a rinvangare queste cose del passato». In effetti: la questione della casa di Renzi appartiene al passato, non bisogna più tirarla fuori. Mica come la questione delle quote latte (che lei tira fuori) o delle mutande verdi di Cota (che lei tira fuori, con rispetto parlando) o dei diamanti di Belsito (pur essi citati dalla Moretti con abbondanza di enfasi). Ma perché la casa di Renzi è «una cosa vecchia» e i diamanti di Belsito o le quote latte un argomento di attualità? Non provate a chiederlo alla damigella del Pd, sarebbe inutile. Le hanno fatto credere che si può dire qualsiasi cosa, basta avere un po’ di fard e una faccia che buca lo schermo. L’unico problema è che quando lei si è alzata, nel salotto di Floris, e al suo posto si è seduta l’onorevole Francesca Puglisi, nouvelle vague rampante del Pd da talk show, ci è venuta quasi la nostalgia. «Le province sono state abolite», ha esordito infatti l’onorevole Puglisi, impunemente. «Adesso infatti ci sono gli enti territoriali vasti…». Quindi è cambiato solo il nome? «No, è che c’è bisogno di qualcuno che spali la neve...». Ecco, a sentire che la neve giustifica il pasticcio delle province, la Moretti d’improvviso con i suoi Cantoni e le sua cantonate ci è parsa un gigante. La deriva del sottovuoto renzista, evidentemente, ci sta preparando al peggio…
Mario Giordano

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