martedì 16 settembre 2014

Vogliamo finire così?

Sì, la guerra all'Isis riguarda direttamente noi. Noi italiani, settentrionali, milanesi, abitanti di città da cui partono volontari della jihad. E dove potrebbero sorgere "polizie islamiche" che impongono la sharia. È già successo, in Inghilterra e in Germania. Vanno fermati, ora.
Essere interventisti in Iraq, chiedere a gran voce una guerra contro l’Isis, è una cosa che non ci riguarda da vicino? La guerra per stroncare il nuovo Califfato Islamico viene vista come un impegno altruista, per salvare dalle sue fauci i cristiani iracheni e soprattutto gli yezidi (e chissà perché si parla quasi solo degli yezidi e non dei cristiani: le religioni esotiche fanno più notizia?). Ma la guerra riguarda direttamente noi. Non noi “occidentali” in senso lato, ma proprio noi, italiani settentrionali, milanesi, torinesi, genovesi, trevisani, vicentini, pordenonesi, abitanti di città e cittadine da cui partono volontari della Jihad. E partono per tornare (sempre che non vengano ammazzati prima), per realizzare un disegno ideologico che non è affatto locale, ma universale. Mohammed Merah, lo stragista di Tolosa, si era fatto le ossa nella guerra di Siria. Mehdi Nemmouche, lo stragista di Bruxelles, aveva fatto esperienza nello stesso conflitto.
Gli attentati fanno paura, ma non sono tutto. Il pericolo peggiore consiste nella nascita di veri e propri emirati all’interno delle nostre città. Torino, Milano, Roma e tante altre città minori dell’Italia centro-settentrionale hanno già nuclei di quelli che potrebbero diventare ghetti islamici, veri e propri emirati in miniatura, con tanto di polizia religiosa che veglia sul rispetto della legge coranica. Succede già in tutte le maggiori metropoli ad alta immigrazione islamica, nell’Europa occidentale e settentrionale. Qualche esempio? A Wuppertal, se non ve ne siete accorti, la polizia tedesca ha smantellato un corpo di polizia islamica. Avete letto bene: polizia islamica, come in Arabia Saudita. Era formata da un tedesco convertito, Sven Lau, che ha ritrovato la sua purezza nell’Islam e ha iniziato a raccogliere gente disposta ad applicare la legge coranica in tutta la città, con le buone e con le cattive. Andavano dalle donne e le costringevano a mettersi il velo, andavano dai ragazzi e li costringevano a non fumare, a non giocare d’azzardo, a non andare in discoteca. Se la polizia non li avesse sciolti in tempo, avrebbero vietato concerti in pubblico, locali dove si vendono alcolici, salumerie (che sono haram! Proibite) e tutto ciò che riguarda il “malcostume” occidentale.
Quello di Wuppertal non è un caso unico. Anche a Londra i Tower Hamlets, per un certo periodo del 2011, sono diventati “Shariah Controlled Zone”, una zona in cui si applicava la sharia, la legge coranica. Anche in questo caso, una mini-polizia religiosa, formata da volontari, pattugliava le strade e implementava le norme coraniche. «Se le persone sono terrorizzate dal taglio della mano, non rubino – diceva il leader islamico Anjem Choudary ai suoi intervistatori – se la gente si scandalizza per la lapidazione delle adultere, si eviti l’adulterio». Per fortuna che questa polizia religiosa è stata sciolta dalle autorità. Ma il problema resta, perché a Birmingham i radicali islamici locali hanno tentato di conquistare le scuole pubbliche e cambiarne i programmi. In Inghilterra, dove sono già in funzione 85 corti islamiche, le minoranze musulmane sono già uno Stato nello Stato.
Di fronte a queste realtà, che sono diffuse anche in Francia, Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia, oltre che nella già citata Germania, è facile commettere tre errori molto comuni. Il primo è la fuga a destra: considerare la nascita di queste enclave come un esito dell’immigrazione. Chi sostiene questa tesi se la prende, nel nome dell’identità italiana, anche con arabi cristiani, musulmani laici, animisti e buddhisti che mai e poi mai penserebbero di mettere in piedi un emirato nel cuore delle nostre città. Il secondo errore è il rifugio a sinistra: considerare che questa frammentazione sia dovuta alla povertà. Una spiegazione semplice, comoda, conforme ai dettami del politically correct, ma completamente falsa. I radicali islamici in Inghilterra non sono poveri. I radicali islamici in Germania neppure. In compenso, tanti altri immigrati poverissimi, cercano onestamente lavoro nelle nostre città. Il terzo errore è la santificazione (tipica dei libertari) delle comunità volontarie: se le nostre città si frammentano tanto meglio, ognuno si governa da sé in barba allo Stato. Neanche per sogno. Non c’è nulla di volontario in questi progetti. È un disegno egemonico teorizzato, in varie versioni simili tra loro, da Al Qaeda (“Ederat al Wahsh”, governare alla macchia di Abu Bakar Naji), dall’Isis (una strategia di destabilizzazione in tre fasi, teorizzata da Al Zarqawi ed ereditata da Al Baghdadi) e anche dai più “moderati” Fratelli Musulmani: è una colonizzazione ideologica e religiosa delle nostre città. Si assume il controllo di un quartiere, lo si sottopone alla legge coranica, si creano istituzioni parallele e poi si passa alla colonizzazione del quartiere successivo. Poi si passa alle regioni e infine si dichiara guerra al governo.
Il problema va affrontato subito, ma con estrema lucidità. Si deve combattere contro l’ideologia jihadista, i suoi predicatori, i suoi combattenti. Meglio attaccarli quando sono lontani, in Iraq e Siria, piuttosto che doverli affrontare qui nelle nostre vie, piazze e strade. Il problema va affrontato immediatamente con l’educazione, allontanando i musulmani da questa ideologia. E con la polizia: smantellando istituzioni parallele ovunque sorgano. E non continuando a dar ragione agli jihadisti, nel nome di un malcelato odio contro l’Occidente.

di Stafano Magni (Intraprendente)

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