mercoledì 23 ottobre 2013

Tari e Tasi, oche e ochi

L’acronimo Tari, coniato per la quota rifiuti della Tarse, come sostantivo è antichissima moneta mediterranea coniata nel Regno di Napoli sino al 1859, mentre Tasi, componente della Tarse per gli immobili, in lingua veneta è seconda persona singolare del verbo tacere declinato all’imperativo. 
Combinando assieme Tari, denaro, e Tasi, si ottiene,  parlando di tasse,  il classico “paga e tasi” e questa è una delle certezze della legge di stabilità del prossimo anno,  in cui i pensionati, a seguito del già avvenuto aumento Iva, nonché degli incrementi  già previsti dalle precedenti leggi di stabilità oltre dalle novità dell’attuale,  dovranno almeno sborsare una settantina di € in più rispetto al 2013: parliamo di  cittadini che nel biennio 2012/2013 hanno lasciato nelle casse pubbliche, per il solo drenaggio fiscale,  qualcosa come 3,6 miliardi di €.  La stangata continua: sarà anche vero che per la prima volta dopo anni non vengono aumentate le tasse, ma  sono in pericolo le detrazioni Irpef e da gennaio si rischia di veder diminuire di un punto percentuale la quota di spese deducibili, che potranno passare dal 19 al 18 per cento per la prossima dichiarazione dei redditi e dal 18 al 17 per cento nel 2015.  Nel frattempo, continua il blocco degli stipendi nella Pubblica amministrazione.
Tutte le forze sociali concordano su un dato: non è con queste misure e miserie che si rilanciano i consumi e si rimette in moto la domanda interna, che langue. La legge di stabilità, purtroppo, sancisce ancora una volta vecchi mali, vecchi vizi: non si fa nulla per incidere negli sprechi.
Al momento a brindare per questa legge sono i banchieri, che otterranno nel prossimo  biennio uno sconto di almeno un miliardo di €  sotto forma di anticipazione delle detrazioni fiscali su Ires e Irap: secondo la Banca Imi l’impatto sull’utile 2015 delle principali banche italiane non sarà inferiore all’11 per cento.  Un altro bel regalo a fronte del quale le banche italiane non sembrano disposte ad allentare i cordoni di quella stretta creditizia che stritola famiglie e imprese. Contraddizioni della legge di stabilità: pochi Euro in tasca ai lavoratori,   nulla ai pensionati, probabili sacrifici ulteriori per buona parte della platea dei contribuenti, ma c’è pur sempre chi guadagna.
Mentre il governo varava la Finanziaria il dottor Giovanni Tomasello, Segretario generale dell’Assemblea Regionale siciliana,  è andato in pensione a 57 anni  con una buonuscita pari a circa un milione e mezzo di € e una pensione minima stimata dalla stampa palermitana attorno ai 12 mila €uro mensili:  non c’è simbolo migliore di quell’Italia di privilegi e privilegiati che non molla l’osso, non cambia e non intende cambiare, mentre il resto del paese è chiamato a incredibili sacrifici.
Purtroppo il  peggio, di questo passo,  deve ancora arrivare per tutti come ben si legge appunto nella legge di stabilità visto che tra le sue righe è celato un aumento di tasse da 20 miliardi di euro in tre anni, a partire dal 2015, compreso il taglio lineare di tutte le agevolazioni fiscali.   Ma questo è il futuro su cui incombe l’incubo del Fiscal compact. Il presente  ci propone un Letta che ripete il motto colbertiano per cui  l’"art de l'imposition consiste à plumer l'oie pour obtenir le plus possible de plumes avec le moins possible de cris", che tradotto, in estrema sintesi,   ci rimanda la nostro Paga e Tasi ( le oche, in questione, non sono, ovviamente, né quella della sagra di Mirano della prossima settimana né quelle starnazzanti del Campidoglio romano: queste ultime devono fare i conti con almeno 867 milioni di deficit, ma sono sicure di salvare le penne. O no?).
di Roberto Ciambetti

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